Posts written by ¬ Snow™

CAT_IMG Posted: 19/6/2012, 15:54     Problemi con i compiti delle vacanze? Ci Pensa MCF a risolverli! - Scuola

Cari Ragazzi Riapro Questo Post per UFFICIALIZZARE CHE GLI AIUTI DELL'ESTATE 2012 SONO APERTI , CHIEDETE IN TANTI.

CAT_IMG Posted: 19/6/2012, 15:52     Promossi Rimandati o Bocciati? Fatecelo sapere u.u - Scuola
Cari Ragazzi anche quest'anno apro il Topic ufficiale dell'Anno Scolastico 2011-2012 che si è uffucilamente concluso( FINALMENTE)

Vi chiedo ( non forzanodovi) ma rendendo diventente la cosa di trascrivere il vostro giudizio finale e se si vuole i relativi voti ...
Inizio IO :
Giudizio Sospeso : Chimica . A settembre vi dirò il voto u.u
CAT_IMG Posted: 14/6/2012, 01:02     ANIMANGA MCF - Bacheca

NUOVI ANIMANGA 14/06/12:


25unzow
CODICE
[URL=http://masterconsolefilm.forumcommunity.net/?t=40475729][IMG]http://oi47.tinypic.com/25unzow.jpg[/IMG][/URL]



CODICE
[URL=http://masterconsolefilm.forumcommunity.net/?t=40475729][IMG]http://i47.tinypic.com/27xf8ya.gif[/IMG][/URL]



CODICE
[URL=http://masterconsolefilm.forumcommunity.net/?t=40475729][IMG]http://i49.tinypic.com/vjlus.gif[/IMG][/URL]



CODICE
[URL=http://masterconsolefilm.forumcommunity.net/?t=40475729][IMG]http://i48.tinypic.com/25tdmc0.gif[/IMG][/URL]



CODICE
[URL=http://masterconsolefilm.forumcommunity.net/?t=40475729][IMG]http://i50.tinypic.com/4vo6bm.gif[/IMG][/URL]



CODICE
[URL=http://masterconsolefilm.forumcommunity.net/?t=40475729][IMG]http://i48.tinypic.com/2edb32g.gif[/IMG][/URL]



CODICE
[URL=http://masterconsolefilm.forumcommunity.net/?t=40475729][IMG]http://i48.tinypic.com/e99sed.gif[/IMG][/URL]
CAT_IMG Posted: 3/6/2012, 15:22     [MULTI] E3 2012 STREAMING SU MCF - Bacheca

346851-e3-2012



Anche quest'anno l'atteso E3 , si terrà a Los Angeles dal 5 al 7 giugno .Ecco a voi le 3 principali conferenze, ossia Microsoft, Sony e Nintendo.
Ecco gli orari intesi secondo l'ora italiana delle tre conferenze sopra citate con i relativi collegamenti alle dirette video:


Lunedì 4 giugno ore 19.00 CONFERENZA MICROSOFT
Martedì 5 giugno ore 03.00 CONFERENZA SONY
Martedì 5 giugno ore 18.00 CONFERENZA NINTENDO
Sotto lo spoiler tutti i link delle conferenze :
[*]Venerdì 1 giugno ore 09.00 conferenza pre - E3 Konami
[*]Lunedì 4 giugno ore 22.00 conferenza Electronic Arts
[*]Martedì 5 giugno ore 00.00 conferenza Ubisoft

Diretta integrale: [Link 1] [Link 2] [Link 3] [Link 4] [Link 5] [Link 6] [Link 7]

CAT_IMG Posted: 29/5/2012, 15:15     Traduzioni Latino-Italiano di Opere, Passi e Versioni. - Scuola
Qui ci saranno le traduzioni della maggior parte delle versioni di autori latini, ma anche versioni semplici che possono assegnare a scuola.
Non ci saranno tutti i titoli delle versioni, perchè molte delle seguenti avranno il loro titolo originale. Quindi vi consiglio di usare ctrl+F e inserire una parte di una frase della versione.
es: cerco la mia versione qua,ma non essendoci il titolo vero,la cerco premendo ctrl+F e mettendoci "Nostrae res meliore loco(...)".A questo punto,trovo la parte che cercavo evidenziata,e noto che quella è proprio la mia versione.

Da qui in poi verranno messe le versioni con le loro traduzioni dirette*:
(*ATTENZIONE: Alcune versioni non sono state tradotte molto bene, quindi è sempre un bene per voi ricontrollarle ed aggiustarle.)



Ad Brutum
Nostrae res meliore loco videbantur; scripta enim ad te certo scio quae gesta sunt. qualis tibi saepe scripsi consules, tales exstiterunt. Caesaris vero pueri mirifica indoles virtutis est. Vtinam tam facile eum florentem et honoribus et gratia regere ac tenere possimus quam facile adhuc tenuimus! est omnino illud difficilius sed tamen non diffidimus. persuasum est enim adulescenti et maxime per me eius opera nos esse salvos. et certe, nisi is Antonium ab urbe avertisset, perissent omnia. triduo vero aut quadriduo ante hanc rem pulcherrimam timore quodam perculsa civitas tota ad te se cum coniugibus et liberis effundebat eadem recreata a. d. xii Kal. Maias te huc venire quam se ad te ire malebat. quo quidem die magnorum meorum laborum multarumque vigiliarum fructum cepi maximum, si modo est aliquis fructus ex solida veraque gloria. nam tantae multitudinis quantam capit urbs nostra concursus est ad me factus; a qua usque in Capitolium deductus maximo clamore atque plausu in rostris conlocatus sum. nihil est in me inane; neque enim debet; sed tamen omnium ordinum consensus, gratiarum actio gratulatioque me commovet propterea quod popularem me esse in populi salute praeclarum est. Sed haec te malo ab aliis. me velim de tuis rebus consiliisque facias diligentissime certiorem illudque consideres ne tua liberalitas dissolutior videatur. sic sentit senatus, sic populus Romanus, nullos umquam hostis digniores omni supplicio fuisse quam eos civis qui hoc bello contra patriam arma ceperunt; quos quidem ego omnibus sententiis ulciscor et persequor: omnibus bonis approbantibus. tu quid de hac re sentias, tui iudici est; ego sic sentio trium fratrum unam et eandem esse causam.

Traduzione
Cicerone saluta Bruto La nostra situazione pare alquanto migliorata: quello che è accaduto so positivamente che ti è stato scritto. I consoli furono alla prova quali io te ne avevo spesso detto. Meravigliosa poi la disposizione del giovane Cesare per la rettitudine. Almeno mi sia dato dirigerlo e dominarlo con tanta facilità in mezzo agli onori e agli evviva, quanto mi è stato possibile finora! Sarà senza dubbio più difficile; non dispero tuttavia: il giovane infatti è convinto, ed io ho contribuito moltissimo a rafforzarlo in tale idea, che noi siamo salvi per il suo intervento. E certo se egli non avesse tenuto lontano da Roma Antonio, tutto sarebbe andato in rovina. Nei tre o quattro giorni che precedettero questo fortunatissimo evento la popolazione, sconvolta da certe voci, pensava di rifugiarsi da te con le mogli e i figli; la stessa, riavutasi dopo il 19 aprile, preferirebbe ora che tu arrivassi qui anziché accorrere da te. Se da una gloria solida e vera si può aver frutto, certo io in quel giorno colsi il frutto migliore delle mie grandi fatiche e delle mie veglie numerose. Tutta una folla di popolo quanta ne può capire questa nostra città si riversò da me, e da essa fui portato fino al Campidoglio, issato sui Rostri fra i più fragorosi applausi. Nessuna vanità da parte mia, né ci dovrebbe essere; ma il consenso unanime di tutti gli ordini nel ringraziamento e nelle congratulazioni mi commosse veramente, perché grande e bella cosa è la popolarità conseguita con la salvezza del popolo.


Epistula, 2, 4, 1
M. CICERO S. D. CURIONI Epistularum genera multa esse non ignoras sed unum illud certissimum, cuius causa inventa res ipsa est, ut certiores faceremus absentis si quid esset quod eos scire aut nostra aut ipsorum interesset. Huius generis litteras a me profecto non exspectas. Tuarum enim rerum domesticos habes et scriptores et nuntios, in meis autem rebus nihil est sane novi. Reliqua sunt epistularum genera duo, quae me magno opere delectant, unum familiare et iocosum, alterum severum et grave. Utro me minus deceat uti non intellego. Iocerne tecum per litteras? Civem mehercule non puto esse, qui temporibus his ridere possit. An gravius aliquid scribam? Quid est quod possit graviter a Cicerone scribi ad Curionem nisi de re publica? Atqui in hoc genere haec mea causa est ut [neque ea quae sentio audeam] neque ea quae non sentio velim scribere.

Traduzione
Cicerone saluta Gaio Curione. Sai bene che si sono molti generi epistolari, ma il genere per eccellenza è quello per il quale è stato inventato il genere stesso, per informare chi è lontano, se è accaduto qualcosa che importi a noi o a loro che essi seppiano. Senza dubbio non aspetti da parte mia lettere di questo genere. Delle tue faccende private infatti hai corrispondenti e messaggeri di casa tua, riguardo poi le mie faccende non c'è nessuna novità. Sono rimasti due generi epistolari, che mi piacciono molto, uno familiare e gioviale, l'altro serio e grave. Non capisco quale dei due mi si addica meno usare. Dovrei scherzare con te per lettera? Certamente non penso di essere un cittadino che possa ridere in questi tempi. O forse scrivere qualcosa di serio? Che cosa c'è che possa essere seriamente scritto da Cicerone a Curione se non sullo stato? Eppure in questo tipo di lettera la mia situazione è tale che né oso (scrivere) ciò che penso, né voglio scrivere ciò che non penso.


Ad Familiares, XIV,5
Tullius s.d. Terentiae suae 1) Si tu Tullia, lux nostra, valetis, ego et suavissimus Cicero valemus. Pr. Idus Oct. Athenas venimus, cum sane adversis ventis usi essemus tardeque et incommode navigassemus. De nave exeuntibus nobis Acastus cum litteris presto fuit uno et vigesimo die, sane strenue. Accepi tuas litteras, quibus intellexi te vereri ne superiores mihi redditae non essent. Omnes sunt redditae, diligentissimeque a te perscripta sunt omnia, idque mihi gratissimum fuit. 2) Neque sum admiratus hanc epistulam, quam Acastus attulit, brevem fuisse ; iam enim me ipsum expectas, vive non ipsos, qui quidem quam primum ad vos venire cupimus, etsi, in quam rem publicam veniamus, intellego. Cognovi enim ex multorum amicorum litteris, quas attulit Acastus, ad arma rem spectare. Vos meas suavissima et optatissima Terentia, si nos amatis, curate ut valeatis. Vale. Athenis a.d. XVII K. Novemb.

Traduzione
Tullio saluta la sua Terenzia 1) Se tu e Tullia, nostra luca, state bene, io ei dolcissimo Cicerone stiamo in buona salute. Il 14 ottobre veniamo ad Atene, avendo fatto uso con giudizio dei venti avversi e avendo navigato lentamente e poco convenientemente. Acasto a noi che scendavamo dalla nave venne incontro molto velocemente con in mano una lettera dopo venti giorni. Ricevetti la tua lettera, con la quale ho capito che temevi che le precedenti non mi fossero state recapitate. Tutte recapitate e molto diligentemente furono tutte scritte da te e ciò mi fu molto grato. 2) Né mi ha meravigliato che questa lettera la quale portò Acasto fosse breve. Infatti tu già aspetti me, anzi noi che desideriamo certamente venire da voi quanto prima, anche se mi rendo conto in quale repubblica viviamo. Ho saputo infatti, dalle lettere di molti amici, che la situazione volge alle armi. Voi abbiate cura della mia dolcissima e buonissima Terenzia se ci amate. Salve. Atene 16 ottobre.


I Galli entrano nella città di Roma
Galli victores ante solis occasum ad urbem Romam perveniunt. Tunc inventus romana in arcem conscendit. Senes vero domos intraverunt et,ad mortem parati, adventum Gallorum expectabant: qui magistratus fuerunt,ornati honorum insignibus, in vestibulis aedium in eburneis sellis insiedebant et magna cum dignitate hostes expectabant. Interim Galli domos patentes intrant, vident senes diis similes ornatu et vultus maiestate et eos statuas putant; Gallus autem ultro barbam magistratus permulcet. At Romanus propter molestiam scipione eburneo caput Galli percutit: hic iratus Romanum occidit. Inde caedes fuit: Galli senes omnes trucidaverunt.

Traduzione
I galli vincitori prima del tramonto del sole giunsero a Roma. Allora la gioventù romana salì alla rocca. I vecchi in verità entrarono in casa e aspettavano pronti alla morte l'arrivo dei galli: quelli che furono magistrati, ornati di insigni onori, sedevano in seggi d'avorio nei vestiboli dei templi. Intanto i galli entrano nelle case, vedono i vecchi simili a divinità per ornamenti e per grandezza di volto e li ritengono statue. Un gallo istintivamente sfiora la barba di un magistrato. Ma il romano per l'offesa percuote con lo scettro eburneo la testa del gallo: questo irato uccide il romano. Da qui ci fu una strage: i galli trucidarono tutti i vecchi.


La cicala e la formica
Olim garrula cicada in frondosa olea canebat; formica, contra, inter rimas terrae assidue laborabat. Cicada formicam videt et ita reprehendit:"Stulta bestiola, cur ita tuam vitam maceras? Ego cano, vitam laetam ago et agricolas delecto". At formica cicadae ineptias non curat et operam suam continuat. Sed denique formica vivit, cicada contra, escae inopia, vitam misere amittit.

Traduzione
Una volta una garrula cicala cantava sopra un olivo frondoso; una formica, invece, lavorava assiduamente tra le spaccature del terreno. La cicala vede la formica e così la biasima:"Stolta bestiola, perchè consumi così la tua vita? Io canto, rendo la vita lieta e rallegro gli agricoltori". Ma la formica non si prende cura delle sciocchezze della cicala e continua il suo lavoro. Ma alla fine la formica visse, la cicala al contrario, a causa della mancanza di cibo, perse la vita miseramente.


Idillio agreste
Vita agricolae est beata. Candidae rosae ianuam villae exornant. Gallinae errant in area. In amoena silva lusciniae cantant. Agricola curat vineas fecundas, gallinas enumerat, capras et agnas virga congregat. Villica mensam parat, patinas et pateras in tabula collocat. Iam tenebrae silvam obscurant. Avia lanam tractat et fabula narrat puellae. Fabulae sunt gratae parvae filiae agricolae. Concordia et parsimonia regnant in familia agricolae.

Traduzione
La vita dell' agricoltore è beata. Rose bianche abbelliscono la porta della fattoria. Le galline vagano nell' aia. Nel bosco ameno cantano gli usignoli. L' agricoltore si prende cura delle vigne feconde, conta le galline, riunisce le capre e le agnelle con la verga. La fattoressa prepara la mensa, colloca sulla tavola piatti e coppe. Già le tenebre oscurano il bosco. La nonna lavora la lana e narra una favola alla fanciulla. Le favole sono grate alla piccola figlia dell' agricoltore. La concordia e la parsimonia regnano nella famiglia dell' agricoltore.


In un' aula di scuola
Discipulae in schola sunt: in cathedra magistra sedet, in sellis discipulae. Magistra discipulas interrogat:"Ubi insula Sicilia est?".Discipulae ita respondent:"Sicilia Italiae magna insula est, multis et pulchris oris clara. Terra fecunda et amoena est. Incolae mercatura magnas divitias congerunt et agricolae optimas uvas colligunt. Ibi benignae aurae semper flant. Poetae sedulas et formosas Siciliae puellas celebrant". Magistra discipularum diligentiam laudat; discipulae admodum laetae sunt.

Traduzione
Le alunne sono a scuola: la maestra siede in cattedra, sulle sedie sono sedute le alunne. La maestra interroga le alunne: "Dov'è l' isola della Sicilia?". Le alunne rispondono così:"La Sicilia è una grande isola dell' Italia, famosa per le molte e belle spiagge. La terra è fertile e amena. Gli abitanti grazie al commercio accumulano grandi ricchezze e gli agricoltori raccolgono un' uva ottima. Qui soffiano sempre brezze benigne. I poeti celebrano le fanciulle della Sicilia, belle e diligenti". La maestra loda la diligenza delle alunne; le alunne sono assai liete.


Bestiario
Magistra in schola multarum bestiarum vitam puellis narrabat. Dicebat enim:« Formica sedula est, aquila robusta est, ranae parvae sunt, balaenae magnae, alaudae laetae. Alauda enim semper cantat et aurorae nuntia est. Timidae columbae magnarum aquilarum violentiam timent et apud ripas opacas aut in silvis densis volant: silvae obscurae, enim, bestiis parvis gratae sunt, quia illic magnarum bestiarum insidias vitant et escae copiam inveniunt».Discipulae libenter magistrae fabulas audiebant; magistra enim vitam rusticam laudabat et pulchris fabulis puellis delectabat.

Traduzione
A scuola la maestra raccontava la vita di molti animali. Diceva infatti:« La formica è diligente, l' aquila è robusta, le rane sono piccole, le balene grandi, le allodole liete. Infatti l' allodola canta sempre ed è messaggera dell' aurora. Le colombe paurose temono la violenza delle grandi aquile e volano presso le rive ombrose o nei fitti boschi: i boschi oscuri, infatti, sono graditi ai piccoli animali, perchè là evitano l' agguato delle grandi bestie e travano cibo in abbondanza».Le alunne ascoltavano volentieri le favole della maestra; la maestra infatti lodava la vita della campagna e rallegrava le fanciulle con belle favole.


Vita campestre
Umbra terram opacat, luna latet. Noctua volat. Vaccae et capellae vicinae somniant. Agricola in parva casa mensam nudam observat; interea Tullia, parva agricolae filia, suam pupam permulcet. Subito parva flamma ante fenestram apparet; Tullia observat: pulchra ancilla transit; est Tulliae amica. Tum puella ridet salutatque parvam amicam. Inde agricolae filia e casa exit et cum amica ambulat. Ancilla longam fabulam Tulliae narrat. Puella primum cogitat, inde pulchram fabulam etiam suae pupae narrat.

Traduzione
L' ombra oscura la terra, la luna sta nascosta. La civetta vola. Le mucche e le caprette sognano vicine. Nella piccola casa il contadino osserva la tavola sparecchiata; intanto Tullia, la piccola figlia dell' agricoltore accarezza la sua bambola. All' improvviso appare una piccola fiamma davanti alla finestra; Tullia guarda: passa una bella ancella; è un' amica di Tullia. Allora la fanciulla ride e saluta la piccola amica. La serva narra una lunga favola a Tullia. La fanciulla dapprima ci pensa, poi narra una bella favola anche alla sua bambola.


La ragazza pigra
Puella non est laeta. Magistra enim est severa et puellam saepe vituperat:« Claudia, non es sedula. Livia et Iulia linguam latinam amant, tu grammaticam ignoras». Nunc puella est sola et cogitat:« Misera puella sum! Aliae puellae saltant, cantant, ambulant ego sola laboro. Beatae sunt asinae et mulae, sempre otiosae!». Puellam ingratam fortunam desiderat, et stulta est: agricola enim asinas et mulas quotidie verberat.

Traduzione
La fanciulla non è contenta. La maestra infatti è severa e spesso rimprovera la fanciulla aspramente:« Claudia, tu non sei diligente. Livia e Giulia amano la lingua latina, tu ignori la grammatica ». Ora la fanciulla è sola e pensa:« Sono una fanciulla infelice! Le altre fanciulle ballano, cantano, passeggiano, solo io lavoro. Beate le asine e le mule, sempre oziose!». La fanciulla desidera una sorte ingrata ed è stolta: ogni giorno infatti il contadino frusta le asine e le mule.


In una villa di campagna
In matronae villa puellae pulchras violas legunt et magistrae donant; ancillae comam dominae ornant. Avia pulchras fabulas narrat et puellae libenter auscultant. Severae matronae ancillarum negligentiam vituperant, at filiarum diligentiam laudant. Matutinis horis alaudae, calidis horis cicadae, laetae cantant; timidae columbae in altis oleis volant. In villa vita beata et serena est, sine vitae urbanae curis et molestiis. At villae agricolae graviter laborant et escam universae familiae comparant.

Traduzione
Nella fattoria della matrona le fanciulle colgono belle violette e le donano alla maestra; le serve ornano la chioma della padrona. La nonna racconta belle favole e le fanciulle la ascoltano volentieri. Le matrone severe biasimano la negligenza delle ancelle, ma lodano la diligenza delle figlie. Nelle ore mattutine le allodole, nelle ore calde le cicale cantano liete; le colombe paurose volano sugli alti olivi. Nella fattoria la vita è beata e serena, senza le preoccupazioni e le molestie della vita urbana. Ma i contadini della fattoria lavorano intensamente e procurano il cibo per tutta la famiglia.


Nelle antiche isole d' Italia
Sicilia et Sardinia et Corsica insulae sunt: magna est ibi nautarum peritia. Poetae eorum audaciam canebant et praesertim puellae cupide eos audiebant. Ibi multae et densae silvae erant et terra opima beluas feras atque incolas alebat. Nautae multas et asperas procellas tolerabant. Saepe piratae insularum oras attingebant. In Sicilia clarae coloniae Graecae erant, ubi multas aras deae Proserpinae hodie spectamus. Postea apud oras Siciliae copiae Romanae, pugnis Punicis, suam periculosam aemulam profligabant.

Traduzione
La Sicilia, la Sardegna e la Corsica sono isole: là è grande l' abilità dei marinai. I poeti cantavano la loro audacia e soprattutto le fanciulle li ascoltavano con entusiasmo. Là c'erano molti e fitti boschi e la ricca terra nutriva le bestie feroci e gli abitanti. I marinai sopportavano molte tempeste violente. I pirati attaccavano spesso le coste delle isole. In Sicilia, dove oggi vediamo molte are della dea Proserpina, c'erano molte colonie greche. In seguito presso le coste della Sicilia le truppe di Roma sconfiggevano la pericolosa rivale con le guerre puniche.


Roma Antica
Neque magna neque opulenta erat olim Roma. Ubi postea viae amplae et stratae, lautae Carinae, marmoreae basilicae, splendidae thermae erant; antea semitae erant angustae et saxosae, paucae et miserae casae, paludosae et praeruptae terrae. Constantia et industria et audacia incolarum inclementiam naturae superabant. Paulatim multis pugnis et egregiis victoriis potentia Romana crevit et Roma universae Italiae domina fuit. Postea militiae Romanae in Sicilia, in Hispania, in Africa variis et cruentiis pugnis pugnabant. Postremo Roma Macedoniam et Syriam et Hispaniam et ceteras terras donabat et diu administrabat.

Traduzione
Una volta Roma non era nè grande nè ricca. Dove in seguito c'erano vie ampie e strade lastricate, il sontuoso Carene, le basiliche di marmo e le splendide terme; prima c'erano sentieri angusti e sassosi, poche e misere case, terre paludose e scoscese. La costanza, l' operosità e l' audacia degli abitanti superavano l' inclemenza della natura. A poco a poco con tante battaglie ed egregie vittorie la potenza romana crebbe e Roma fu la padrona ti tutta l' Italia. In seguito le milizie romane combattevano in Sicilia, Spagna e Africa con differenti e cruente battaglie. Infine Roma assoggettava la Macedonia, la Siria e la Spagna e altri territori e a lungo li amministrava.


La dea Fortuna
Fortuna caeca est, quia opulentiam aut indigentiam inconsiderate donat et de cornucopia copiam effundit. Poetae deam Fortunam caecam fingunt. Nigra fascia comam eius tegit. Multas tabulas pictas deae Fortunae ubicumque videmus. Italiae incolae Fortunam religiose colunt et rosarum coronis statuas atque aras eius saepe ornabant. Interdum sedulae magistrae discipulis Fortunae figuram ostendunt. Non solum Fortuna caeca est sed etiam caducas divitias donat. Saepe poetae Fortunam celebrant atque potentiam eius laudant.

Traduzione
La Fortuna è cieca, perchè dona sconsideratamente l' opulenza o l' indigenza e lancia una gran quantità di corna dell' abbondanza. I poeti immaginano la dea Fortuna cieca. Una fascia nera ricopre la sua chioma. Dovunque vediamo molti quadri della dea Fortuna. Gli abitanti dell' Italia onorano religiosamente la Fortuna e spesso ornavano le sue statue e le sue are con corone di fiori. Talvolta le maestre diligenti mostrano la figura della Fortuna alle alunne. Non solo la Fortuna è cieca, ma dà anche una ricchezza caduca. I poeti celebrano spesso la Fortuna e lodano la sua potenza.


Le navi romane
Antiquis temporibus Romani arti nauticae fere imperiti erant et naves parum curabant. Deinde, bellorum Punicorum aetate, etiam proelia maritima necessaria fuerunt. Carthaginienses marium domini erant quia classem superbam possidebant. Magna pars navium litora Siciliae peragrabat, Romanorum colonias offendebat. Tum Romani magnam classem creaverunt, navibus ferreos hamos applicaverunt. Ita, cum navis Romana navi hostium vicina erat, hami puppim adversariam comprehendebant. Rostra muniebant navium proram, aplustria seu tabulae pictae puppim ornabant: ita navis, sicut avis, rostrum et caudam habebat.

Traduzione
Nei tempi antichi i Romani erano quasi inesperti dell' arte nautica e curavano poco le navi. In seguito, nell' età delle guerre puniche, anche le battaglie navali furono necessarie. I Cartaginesi erano i padroni dei mari poichè possedevano una flotta superba. Grande parte delle navi percorreva i litorali della Sicilia e nuoceva alle colonie dei Romani. Allora i Romani crearono una grande flotta, e applicarono alle navi uncini di ferro. Così, quando una nave romana era vicina a una nave dei nemici gli uncini catturavano la poppa avversaria. I rostri rafforzavano la prora delle navi, aplustri o pitture ornavano la poppa; così la nave come un uccello aveva il rostro e la coda.


L'Italia e i suoi abitanti
Italiae incolae praecipue agricolae et nautae sunt. Agricultura nostrae paeninsulae incolis cara fuit, est, erit. Vita rustica parsimoniae, diligentiae iustitiaeque magistra est; ita agricolae Italiam ditabant. In illa multae atque clarae Graeciae coloniae fuerunt: olim Italiam Magnam Graeciam appellabant. Italiae orae, praecipue Siciliae et Sardiniae insularum, amoenae sunt; terra uvarum, olearum castanearumque, rosarum violarumque plena est. Multae in illa sunt clarae aquae. Antiqua et clara est Italiae, nostrae carae patriae, historia. Poetarum litterarumque Romae atque Italiae fama mira est. Italiam, nostram patriam, puellae, semper amate!

Traduzione
Gli abitanti dell' Italia sono soprattutto agricoltori e marinai. L'agricoltura fu, è e sarà cara agli abitanti della nostra penisola. La vita rustica è maestra di parsimonia, diligenza e giustizia: così gli agricoltori arricchiscono l' Italia. In essa ci furono molte e famose colonie greche: una volta chiamavano l' Italia Magna Grecia. Le spiagge dell' Italia, soprattutto delle isole della Sicilia e della Sardegna, sono amene; la terra è piena di uva, di olivi, di castagni, di rose e di viole. Molte in essa sono le acque famose. La storia dell' Italia, nostra cara patria, è antica e famosa. E' meravigliosa la fama dei poeti e della letteratura di Roma e dell' Italia. Fanciulle, amate sempre l' Italia, la nostra patria!


Tra storia e leggenda
Indigenae Fauni olim et Nymphae et viri, silvarum e truncis nati, Latium habitaverunt, sicut Vergilius narrat, Romanorum poeta praeclarus. Saturnus, deinde, ex Olympo a filio pulsus, indigenas viros per iuga montana dispersos congregavit et primus ad culturam agrorum vocavit:sic feram populi vitam mitigavit. Post Saturnum Picus et Faunus et Latinus regnaverunt. Sub regno autem Latini, intravit in Latium Aeneas, cum sociis et parvulo filio Julo, ex Troiano incendio profugus.

Traduzione
Un tempo i fauni, le ninfe e gli uomini indigeni, nati dai tronchi dei boschi, abitarono nel Lazio, come narra Virgilio, famosissimo poeta romano. Poi Saturno, cacciato dall' Olimpo dal figlio, riunì gli uomini indigeni dispersi sulle vette dei monti e per primo li esortò a coltivare i campi: così mitigò la vita barbara del popolo. Dopo Saturno regnarono Pico, Fauno e Latino. Sotto il regno di Latino, Enea, in fuga dall' incendio di Troia, entrò nel Lazio con i suoi compagni e il suo piccolo figlio Iulo.


Romolo e Remo
Romolus et Remus in ripa fluvii oppidum condere statuerunt. Remus sex corvos vidit, sed Romulus duodecim corvos: sic fuit Romuli condere Romam. Romulus in agro sulcum duxit et murum aedificavit. Postea, magna cum ira dixit:« Vae advenae qui eum antecedet!». Remus sprevit imperium et antecessit. Itaque Romulus Remum, advenam, necavit.

Traduzione
Romolo e Remo decisero di fondare una città sulla riva di un fiume. Remo vide sei corvi ma Romolo ne vide dodici: così fu Romolo a fondare Roma. Romolo fece un solco nel campo ed edificò un muro. Poi, con grande ira disse:« Guai allo straniero che lo supera! ». Remo disprezzò il comando e lo superò. Così Romolo uccise Remo, come uno straniero.


I metalli
Aurum, argentum et ferrum metalla sunt. In terra multae venae auri, argenti et ferri sunt. Ferrum necessarium est; at aurum et argentum rara et pretiosa sunt. Antiqui populi aurum, argentum, ferrum et alia metalla cognoscebant. Multa simulacra ex auro et argento deorum templa ornabant; ex ferro multa instrumenta et arma erant facta. Fabri metalla cudebant. Aurei anuli et argenteae fibulae matronarum ornamenta erant. Fibulae aurae saepe dearum statuas ornabant. Metalla pretiosa saepe bellorum causa fuerunt.

Traduzione
L' oro, l' argento e il ferro sono metalli. Nel terreno ci sono molti filoni d'oro, d'argento e di ferro. Il ferro è necessario; ma l' oro e l' argento sono rari e preziosi. I popoli antichi conoscevano l' oro, l' argento, il ferro e gli altri metalli. Molte statue d'oro e d'argento ornavano i templi degli dei; molti strumenti e molte armi erano fatte di ferro. I fabbri battevano i metalli. Anelli d' oro e fibbie d'argento erano ornamenti delle matrone. Le fibbie d'oro spesso ornavano le statue delle dee. I metalli preziosi furono spesso causa di guerre.


Un fantasma che non era un fantasma
Vulpecula tintinnabulum in collo gestabat atque saepe in agricolarum tecta noctu penetrabat. Dum silenter incedit, tintinnabulum quassabat et puerorum somnos rumpebat. Pueri in lectis diu novum ac mirum sonum audiebant atque ita secum cogitabant:« Profecto huc venerunt simulacra ex inferis atque nostros somnos territant ». Sed olim lunae radii penetrabant in cubiculum; et ideo pueri clari vident bestiolae formam atque audiunt tintinnabulum. Iam pueri non timent sed hilariter rident; inde bestiolam captant.

Traduzione
Una volpicina portava sul collo un campanello e spesso penetrava sui tetti degli agricoltori. Avanzando silenziosamente scuoteva il campanello e rompeva il sonno dei bambini. Nei letti i bambini ascoltavano a lungo il nuovo suono meraviglioso e così tra sè pensavano:« Certamente qui sono venuti i fantasmi dagli inferi e spaventano i nostri sonni ». Ma una volta i raggi della luna penetravano nella stanza: e perciò i bambini vedono chiaramente la forma della bestiola e odono il campanello. Allora i bambini non temono e ridono gioiosamente; poi catturano la bestiola.


I Romani in Campania
Ferias antiqui Romani praesertim in oris maritimis Campaniae agebant. Coelum Campaniae erat nitidum et serenum; solum erat fecundum et limpidis aquis laetum. Ibi pulchras villas aedificabant et ornabant statuis et fonticulis. Multae villae erant splendidae silvis et hortis. Nunc, ubi erant villae, ibi sunt vineta et pomaria, ubi erant statuae, ibi sunt piri, mali, cerasi; ubi Romani laeta otia agebant, ibi coloni terram arant et seminant, poma colligunt et vindemiant: gaudent copia frumenti et pomorum.

Traduzione
I romani facevano le vacanze soprattutto sulle spiagge marittime della Campania. Il cielo della Campania era nitido e sereno; il suolo era fecondo e copioso di limpide acque. Qui costruivano belle ville e le ornavano con statue e piccole fonti. Molte ville erano rese splendide da parchi e giardini. Ora, dove c'erano le ville, ci sono vigneti e frutteti, dove c'erano le statue, ci sono peri, meli e ciliegi; dove i Romani conducevano lieti ozi, i coloni arano e seminano la terra, raccolgono i frutti e vendemmiano; godono per l' abbondanza del frumento e dei frutti.


Bacco e Vulcano
Bacchus erat apud Romanos deus vinii et gaudii. Poetae Bacchum fingebant virum pulchrum, hederae foliis ornatum. Nam hedera deo sacra erat. Bacchus in Italia et in Graecia templa et aras habebat: pueri hederae coronas portabant et agricolae hircos immolabant. Feminae atque viri pompae dei semper laeti et iucundi erant: nam in vino gaudium et laetitia sunt. Purum vinum tristitiam expellit, acerbas curas dissipat atque animos reddit iucundos. Vulcanus, contra, frabrorum dues erat. Deus claudus erat: nam e caelo olim decidit. Romani Vulcani officinam Aetnam putabant: ibi ferro, argento, auro, deis et viris parabat scuta, loricas, galeas, hastas, gladios. Itaque Vulcanus deis carus erat.

Traduzione
Presso i Romani Bacco era il dio del vino e della gioia. I poeti rappresentavano Bacco come un bell' uomo ornato con foglie d'edera. Infatti l' edera era sacra al dio. In Italia e in Grecia Bacco aveva templi ed are: i ragazzi portavano corone di edera e gli agricoltori immolavano i caproni. Le donne e gli uomini della processione del dio erano sempre lieti e giocondi: infatti nel vino ci sono gaudio e letizia. Il vino puro caccia via la tristezza, dissipa le amare preoccupazioni e rende gli animi giocondi. Vulcano invece era il fabbro degli dei. Era un dio zoppo: infatti una volta precipitò dal cielo. I Romani credevano che l'Etna fosse l'officina di Vulcano; qui col ferro, l' argento e l'oro preparava scudi, corazze, elmi, giavellotti e spade per gli uomini e per gli dei.


Il fanciullo bugiardo
Puer, dum agnos et capellas pascit, per iocum auxilium petit:« Ecce lupus! Agricolae, succurrite, succurrite misero mihi! ». Coloni undique accurrunt, sed nullum lupum inveniunt. Postridie puer agricolas rursus invocat, nam lupus vere apparet, sed frustra: « Succurrite, succurrite » clamat. Nam agricolae pueri verbis non credunt, et in campis tranquilli manent. Ita lupus agnas et capellas devorat, dum puer stultus suum mendacium luget.

Traduzione
Un fanciullo, mentre pascola agnelli e caprette, chiede aiuto per gioco:« Ecco il lupo! Contadini, soccorretemi, soccorretemi, povero me! ». I coltivatori accorrono da ogni parte, ma non trovano nessun lupo. Il giorno dopo il ragazzo chiama di nuovo gli agricoltori, infatti il lupo compare veramente, ma invano: « Aiutatemi, aiutatemi » grida. Ebbene i contadini non credono alla parola del ragazzo e rimangono tranquilli nei campi. Così il lupo divora le agnelle e le caprette, mentre il ragazzo stolto piange la sua bugia.


Il lupo e il cavallo
Lupus, aegrotus, equo occurrit. Sed dolo eum circumvenit. Ita medicum se simulavit et equo dixit: « Cum aegrotus eris, tuos morbos curabo ». Equus dolo dolum opposuit. Suum pedem aculeis compunctum simulavit et remedium petiit. Statim lupus, credulus, appropinquavit; at equus ungulis lupum percussit et fere exanimavit. Lupus, postquam animum recepit, dixit: « Iure poenam luo mei doli ».

Traduzione
Il lupo, malato, incontrò il cavallo. Ma lo raggirò con dolo. Così si finse medico e disse al cavallo: « Quando sarai malato curerò le tue malattie ». Il cavallo oppose dolo al dolo. Fece finta che il suo piede fosse stato punto dagli aculei e chiese un rimedio; subito il lupo ingenuo si avvicinò; ma il cavallo percosse il lupo con gli zoccoli e quasi lo uccise. Il lupo, dopo che ebbe ripreso coscienza disse: « Giustamente sconto la pena a causa del mio dolo ».


Phaedrus
Phaedri patria Macedonia fuit. Romanorum captivus, Augusti servus fuit; Augusto acuto ingenio et magna sapientia carus erat; in Phaedro praecipua erat scientia et litterarum Latinarum pertitia. Poeta erat et fabulas parvas pulchrasque, Romanis caras, praesertim pueris et puellis, creabat. In Phaedri fabulis mira vitae praecepta et magnum iustitiae desiderium erant et sunt.

Traduzione
La patria di Fedro fu la Macedonia. Prigioniero dei romani, fu servo di Augusto; era caro ad Augusto per l' acuto ingegno e la grande sapienza; in Fedro era eccezionale l'erudizione e la conoscenza delle lettere latine. Era poeta e creava delle piccole e belle favole, care ai romani, soprattutto ai fanciulli e alle fanciulle. Nelle favole di Fedro c'erano e ci sono meravigliosi precetti di vita e un grande desiderio di giustizia.


Equus et aper
Equus in vado bibit. Venit aper: in vadum intrat aquamque agitat. Equus stomachosus cum apro litigat, sed frustra: aquam nimia insolentia aper turbat. Tum equus iratus vicinae villae domini auxilium petit; virum in dorso levat et contra inimicum portat. Aprum vir telis necat, in equi dorso ponit et dicit:« Laetus sum quod auxilium meum petebas; miram praedam nunc habeo et servum ad meam villam idoneum &raguo. Frenis autem et habenis equum alligat. Tum maestus equus dicit: « Parvam vindictam stultum cupiebam et petebam: vir non solum apri, sed etiam vitae meae erit dominus; posthac non liber, sed servus semper ero ». Fabula Aesopus iracundos monet: immodica ira insaniam gignit, insania saepe exitii est causa.

Traduzione
Il cavallo beve nel guado. Viene un cinghiale: entra nel guado e agita l' acqua. Il cavallo collerico litiga con il cinghiale, ma invano: la troppa insolenza del cinghiale turba l'acqua. Allora il cavallo irato chiede l'aiuto del padrone della vicina fattoria; solleva l' uomo sul dorso e lo trasporta contro il nemico. L' uomo uccide il cinghiale con le frecce, lo pone sul dorso del cavallo e dice: « Sono contento che tu abbia chiesto il mio aiuto; adesso ho una preda meravigliosa e un servo adatto per la mia fattoria ». Poi lega il cavallo con le briglie. Allora il triste cavallo dice: « Desideravo e chiedevo una piccola vendetta: l' uomo non solo del cinghiale ma anche della mia vita sarà padrone; d'ora in poi non libero ma sarò sempre servo ». La favola di Esopo ammonisce gli iracondi: l'ira eccessiva genera la follia, e la follia è spesso causa di rovina.


Un padre saggio
Paulum Aemilium olim interrogavit amicus: « Cur tuorum filiorum exercitationibus semper praesens es? ». Respondit Paulus Aemilius: « Liberorum meorum magistro non omnia officia mea tradidi, sed potestatis paternae solum partem parvam commisi. Dat magister pueris scientiae principia. Patri autem manet animorum et virtutum cura ». Duobus filiis dilectis superfuit Paulus et funeribus adfuit; tertium vero in adoptionem Scipioni Africano dederat.

Traduzione
Un amico una volta interrogò Paolo Emilio: « Perchè sei sempre presente alle esercitazioni dei tuoi figli? ». Paolo Emilio rispose: « Non trasmisi al maestro dei miei figli tutti i miei doveri ma gli affidai solo una piccola parte della patria potestà. Il maestro dà ai ragazzi i principi della scienza. Al padre rimane la cura del loro carattere e della loro virtù. Paolo sopravvisse a due diletti figli e fu presente ai funerali, il terzo in vero lo aveva dato in adozione a Scipione l' Africano.


I maestri del pensiero
Fama aeterna memoriam ornat magistrorum Graecorum qui per tota Graeciam altas philosophiae doctrinas docebant. Multi discipuli non solum a tota Graecia et ab insulis, sed etiam a Sicilia et Italia accurrebant atque verba clarorum philosophorum magno gaudio audiebant.
Philosophia enim erat tum eritque sempre solacium verum et conspicuum animi nutrimentum. Vir philosophiae sapientiae egenus non erat apud Graecos dignus ulla gloria.
Etiam Romani philosophiam a Graecis magistris plerumque discebant: immo saepe in Graeciam veniebant et diligenter studiis philosophicis attendebant. Praecipue Epicuri doctrinam clari Romanorum poetae, sicut Lucretius, Horatius Vergiliusque, colebant.

Traduzione
La fama eterna onora la memoria dei maestri greci, i quali per tutta la Grecia insegnavano le nobili teorie della filosofia.
Molti allievi accorrevano non solo da tutta la Grecia e dalle isole, ma anche dalla Sicilia e dall’Italia e ascoltavano con grande gioia le parole dei filosofi famosi. Infatti, la filosofia a quel tempo era e sarà sempre un vero aiuto e notevole nutrimento dell’animo. L’uomo privo di sapienza filosofica presso i greci non era degno di alcuna gloria.
Anche i romani generalmente studiavano la filosofia dei maestri greci: invece spesso andavano in Grecia e diligentemente si dedicavano agli studi filosofici.
I poeti Romani praticavano soprattutto la dottrina del famoso Epicuro, così come Lucrezio, Orazio e Virgilio.


La distruzione di Troia
Priamus rex Troiae locuples et beatus erat. Filios enim strenuos et filias habebat. Sed olim Paris, iuvenis imprudens, Graeciam percurrens (=percorrendo), Helenam reginam rapuit. Tum Menelaus, ferox Helenae maritus, bellum Troianis indixit. Post decem (=dieci) annos belli, pauci filii sospites erant: etiam Hector, prudends et fortis patriae defensor, cum Achille pugnans (=combattendo), cadit. Graeci civitatem obsidione cingunt, postremo immane equum aedifacant. Troiani equum urbem inducunt, votum aestimantes. Tum immanis strages est: heroes Graeci Priamum filiosque superstites necant, filias in servitutem ducunt. Hecuba regina in insaniam incidit, sicut canis ululat, trucium calamitatum iam immemor est.

Traduzione
Priamo, re di Troia, era ricco e beato. Aveva infatti figli strenui e figlie. Ma una volta Paride, imprudente giovane, percorrendo la grecia, rapì la regina Elena. Allora Menelao, feroce marito di Elena, proclamò guerra ai troiani. Dopo dieci anni di guerra, pochi figli erano sopravvissuti: infatti Ettore, prudente e forte difensore della patria, combattendo con Achille, morì. I greci cingono la città in assedio e alla fine costruiscono un enorme cavallo. I troiani portano in città il cavallo, considerandolo un voto. Allora vi è una immane strage: gli eroi greci uccidono Priamo e i sopravvissuti figli, portano alla servitù le figlie. La regina Ecuba impazzì, come un cane ulula, è immomre delle atroci calamità.


La vista
Auditus,gustatus,odoratus,visus,tactus sunt corporis sensus. Sine sensibus,hominum vita vix credibilis est. Omnes sensus magnam praebent utilitatem hominibus, sed visum iure iudicamus praecipue necessarium. Visum enim discernimus naturae formas et colores; spectamus locos amoenos, splendorem solis, pulchritudinem florum, formositatem corporum; observamus eximias pictorum tabulas, statuas, splendida aedificia urbium; videmus vultus filiorum, gratum aspectum parentum, proponiquos, amicos. Oculi sunt nostri duces per omne vitae tempus.

Traduzione
Udito, gusto, olfatto, vista e tatto sono i sensi del corpo. Senza i sensi la vita degli uomini è a stento credibile. Tutti i sensi sono di grande utilità agli uomini, ma giustamente giudichiamo la vista particolarmente necessaria. Con la vista infatti distinguiamo le forme e i colori della natura. Guardiamo i luoghi piacevoli, lo splendore del sole, la bellezza dei fiori, il fascino dei corpi. Osserviamo gli stupendi quadri dei pittori le statue, gli splendidi edifici della città. Vediamo il volto dei figli, il gradito aspetto dei genitori, i parenti gli amici. Gli occhi sono le nostre guide per tutta la durata della vita.


Il pater familias
Summa erat patris auctoritas temporibus antiquis: tunc dominus erat uxoris, liberorum, servorum, sed postea eius auctoritas facta est minus imperiosa. domi autem matres sunt dominae: curant liberos et domum gerunt. non solum maritus,uxor, liberi sed etiam servi pars erant familiae.servi sunt plurimi. multi operam praestant domi, in urbe, sed multi vivunt ruri et dediti sunt agris.pater familias domi suae rex est; habet in liberos patriam potestatem, in servos dominicam potestatem. pater amovere recens natum potest, filiumque, cum adoleverit, vendere, necare, catenis vincire potest.patri familias eadem est potestas necandi, punindi, vendendi, fustibus percutiendi servos suos. ille rebus familiribus omnibusque familiae negotiis praeest.

Traduzione
Somma era l'autorità del padre ai tempi antichi: allora era il padrone della moglie, dei figli, dei servi, ma dopo di lui l'autorità diventò meno potente. In casa invece le madri sono le padrone: curano i figli e si occupano della casa. Non solo il marito, la moglie, i figli, ma anche i servi parte della famiglia. I servi sono moltissimi. Molto garantiscono il lavoro in casa, in città ma molti vivono in campagna e sono dediti ai campi. Il padre di famiglia è il re della sua casa e ha la patria potestà sui figli, sui servi la potestà del padrone. Il padre può allontanare il neonato e il figlio, quando sarà cresciuto può legarlo a se con catene, venderlo, ucciderlo. Il padre di famiglia ha la stessa autorità di uccidere, di punire, di vendere, di percuotere i suoi servi con un bastone. Quello è a capo dei beni familiari e di tutte le occupazioni della famiglia.


La battaglia di Maratona
Darius, Persarum rex, aciem instruxit apud Marathonem, parvam planitiem proximam mari.
Miltiades, Graecorum dux, Plataeensium et Atheniensium exercitum ita disposuit: in cornu dextero equitatum Atheniensium collocavit, in cornu sinistro Plataeenses. Magno impetu Graeci contra Persas moverunt et in cornibus victores fuerunt; in media acie, contra, Persae fugaverunt Athenienses. At post meridiem Graecorum cornua contra mediam aciem Persarum vexilla moverunt atque ita hostes cincumcluserunt. Graecorum incursus magnae perturbationis in Persarum execitu causa fuit. Pugnae exitus tamen diu incertus fuit. Postremo Graeci pervicerunt. Ita parva acies libertatem totius Graeciae servavavit.

Traduzione
Dario, re dei Persiani, dispose la schiera presso Maratona, una piccola pianura vicina al mare. Milziade, comandante dei Greci, dispose così l’esercito dei Plateesi e degli Ateniesi: nell’ala destro collocò la cavalleria degli Ateniesi, in quella sinistra i Plateesi. Con grande impeto i Greci si mossero contro i Persiani e nelle ali (della schiera) furono vincitori; contro la schiera centrale, i Persiani misero in fuga gli Ateniesi. Nel pomeriggio le ali dei Greci contro la schiera centrale dei Persiani mossero i vessilli e così chiusero intorno i nemici. L’assalto dei Greci fu causa di grande turbamento nell’ esercito dei Persiani. L’ esito tuttavia fu a lungo incerto. Alla fine i Greci vinsero completamente. Così una piccola schiera salvo la libertà di tutta la Grecia.


La casa Romana
Antiquis temporibus domus Romanorum modicae fuerunt. Sed postea ingentes bellorum praedae divitias et luxum etiam in domos paulatim introduxerunt. tum praecipui viri domos magnificas et opulentas ingentibus sumptibus aedificaverunt. domus praecipua pars antiquitus atrium fuit. Atrium ampla area erat; ex tecto aperto videlicet ex compluvio, lux penetrabat; in media pavimenti parte impluvium aquas pluvias excipiebat. in atrio erant focus, Lararium, imagines maiorum. in Larium tutela domus erat. in atrio, ex parte ianuae opposita, tablinum situm erat. ibi pater familias negotia agebat cum clientibus et hospitibus. in parte extrema domus antiquitus parvus hortus erat; postea architecti ibi aedificaverunt peristylium, porticibus, signis, arboribus venustis ornatum. in lateribus magnifica conclavia: triclinium, bibliotheca, exhedra.

Traduzione
Anticamente le case dei romani erano modiche. Ma dopo introdussero poco a poco nelle case gli ingenti bottini delle guerre e il lusso. Allora gli uomini di spicco edificarono case ricche e magnifiche a ingenti spese. La parte più antica della casa fu l'atrio. L'atrio era un'area ampia, dal tetto aperto, evidentemente dal compluvio, penetrava la luce; a metà del pavimento l'implivio raccoglieva le acque piovane. Nell'atrio c'erano i ritratti degli antenati, il fuoco dei Lari. La casa era sotto la tutela dei Lari. Nell'atrio, dalla parte opposta dell'ingresso, era situato il tablinio. Qui il padre di familia faceva gli affari con i clienti e ospiti. Nella parte estrema della casa antica vi era un piccolo giardino; poi gli architetti qui edificarono il peristilio ornato di portici, statue, alberi graziosi. Ai lati magnifiche sale: il triclinio, la biblioteca, l'esedra.


Gli antichi Romani
Initio Romani simplicius et modestius vivebant quam multi alii populi. Haud facile victum sibi comparabant. Nam magna pars agrorum parum frugifera erat. Praeterea agros saepissime bella, non raro vis tempestatum vastabant. Sed quo pauperior populus est, eo diligentius et ardentius deos plerumque colit. Etiam Romani pii et industrii erant; agrestia numina initio potissimum adorabant. Sed plus et diutius quam ceteros deos penates suos colebant. "Penates nostros non minus diligimus quam parentes set liberos”. Id rectissime Seneca dixit, aequalis imperatoris Neronis. Ante simulacra eorum tota familia crebro immolabat, cottidie orabat. Praecepta religionis Romani simper diligentissime observabant.

Traduzione
Al'inzio i Romani vivevano più modestamente e semplicemente di molti altri popoli. Non si procuravano facilmente il nutrimento. Infatti gran parte dei campi era poco fertile. Inoltre molto spesso le guerre e non spesso la violenza delle tempeste devastavano i campi. Ma quanto più un popolo è povero, tanto più la maggior parte onora scrupolosamente e ardentemente gli dei. Anche i Romani erano religiosi e operosi; all'inizio adoravano particolarmente gli dei agresti. Ma adoravano i propri Penati di più e da più lungo tempo degli altri dei. "Non amiamo i nostri Penati meno dei genitori e dei figli". Ciò lo disse molto bene Seneca, contemporaneo dell'imperatore Nerone. Tutta la famiglia faceva spesso sacrifici davanti ai propri simulacri e pregava ogni giorno. I Romani osservavano sempre molto attentamente i precetti della religione


Ponzio Telesino
Bello sociali, Pontius Telesinus, dux Samnitium, vir fortissimus et Romanis infestissimus, multos pertinaces iuvenes congregaverat et atrocius quam Pyrrhus Campiam Etruriamque vastaverat. Tandem Romam oppugnavit et, apud Portam Collinam, cum Sulla dimicans, ad summum discrimen copias Romanas perduxit. Maiorem timorem non excitavit Hannibal pugnans sub moenia Romae! Ferocissimum fuit enim proelium et diu incertum: solum sub noctem Romani milites recipient animos et hostes fugant. Postridie Sullae equites Pontium Telesinum inveniunt semianimem, victoris magis quam victi vultum retinentem.

Traduzione
Nella guerra sociale, Ponzio Telesino, comandante dei Sanniti, uomo assai forte e assai odiato dai Romani, aveva riunito molti giovani pertinaci e aveva devastato più atrocemente di Pirro la Campania e l'Etruria. Alla fine assediò Roma e, presso porta Collina, lottando contro Silla, condusse al più grande pericolo le truppe romane. Annibale non destò maggiore timore combattendo sotto le mura di Roma! Fu assai aspro infatti il combattimento e a lungo incerto: solo di notte i soldati romani ritrovano gli animi e mettono in fuga i nemici. Il giorno dopo i cavalieri di Silla trovarono Telesino esanime, che aveva un volto più del vincitore che del vinto.


I Greci
Antiqui Graeci nautae audacissimi et callidissimi mercatores erant; quare in omnibus maris oris florentissimas colonias habebat. Etiam in artibus maiorem famam quam Romani obtinuerunt; nam clarissimi artificie erant et in maxima Graecarum urbium parte templa et aedificia publica et simulacra perfectissimae pulchritudinis videre licebat. Scripta quoque Graecorum elegantiora et venustiora sunt quam Romanorum: carmina, orationes, philosophiae libri maiore elegantia praediti sunt. Homerus exemplum maxime insigne praebet: nam Homeri, antiquissimi omnium poetarum, gloria semper fiorentissima est. Clarissimum quidem est Socratis nomen: nostris temporibus non minus quam antiquis admirationem maximam movet.

Traduzione
Gli antichi Greci erano marinai audacissimi e commercianti astutissimi; per questo sui lidi di tutti i mari avevano fiorentissime colonie. Anche nelle arti raggiunsero maggior fama dei Romani; infatti erano artisti molto famosi e nella maggior parte delle città greche era possibile vedere templi, edifici pubblici e statue di bellezza più che perfetta. Anche le opere letterarie dei Greci sono più belle ed eleganti di quelle dei Romani: poesie, orazioni, libri di filosofia sono dotati di maggiore eleganza. Omero ne è l'esempio più insigne: infatti di Omero, il più antico di tutti i poeti, sempre fiorentissima è la gloria. Anche il nome di Socrate è sempre notissimo: suscita infatti la massima ammirazione ai tempi nostri, non meno che in quelli antichi.


I Giochi Olimpici
Graeci deos, quos colebant, etiam ludis honorabat; clarissimae omnium erant certamina, Hercules ipse primus Olympiae celebraverat. Nam ex omnibus urbibus Olympiam conveniebant plurimi viri, quos delectabat ludorum spectaculum. Tempore, quo athletae, in tota Graecia bella cessabant et tribunalia clausa erant: omnes tranquille pacem servabant iuvenus, quorum corpora validiora erant, cursu acriter certabant et currus ducebant, quos celeres equi trahebant et omnibus modis aemulos superare studebant.
Post certamina, qui vicerant ad magistratus procedebat: qui eis coronas victoriae praemia donabant. Poetae clarissimi saepe victoriam celebraverant carminibus et cives in urbium foris statuas collocabant, quae victoriae memoriam tradebant.

Traduzione
I Greci onoravano con i giochi gli dei che rispettavano; i più famosi di tutti erano le gare, lo stesso Ercole per primo aveva celebrato le olimpiadi. Infatti da tutte le città molti uomini venivano alle olimpiadi, che lo spettacolo dei giochi dilettava. Nel tempo in cui vi erano gli atleti, in tutta la grecia cessavano le guerre e erano chiuse le cause, tutti conservavano tranquillamente la pace. La gioventù i corpi di cui erano più validi, gareggiavano nella corsa e conducevano il carro che i cavalli veloci trascinavano, e in tutti i modi aspiravano a superare gli emuli. Dopo le gare, quelli che avevano vinto accedevano ai magistrati: quelli gli donavano corone, premi della vittoria. I poeti più famosi avevano celebrati spesso con carmi il vincitore e i cittadini convocavano nei fori della città le statue che diffondevano la momoria della vittoria.


Achille
Achilles, dux Myrmidonum et fortissimus omnium Graecorum, filius erat Pelei, Thessaliae regis, et Nereidis Thetidis. Magistrum habuit Chironem centaurum quo nemo tum sapientior erat: hic eum nobilissimas artes docuit et bellicas virtutes. Cum admodum iuvenis esset ei licuit, ex deorum voluntate, fatalem vitae cursum sibi eligere: potiorem habuit vitam brevissimam, sed gloriosam quam longam vitam, sed ingloriam. Itaque bello Troiano maximam gloriam sibi paravit: nemo in pugna melior erat, nemo audacior; plurimas urbes expugnavit et plures hostes fugavit quam ceteri Graecorum duces: postremo Hectorem ipsum, longe praestantissimum Troianorum ducem, superavit atque interfecit. Posterius tamen ludibrium fortunae valentissimum maximeque strenuum iuvenem intercepit: eum enim interemit Paris qui maxime inter Troianos mollieter et delicate vitam degebat.

Traduzione
Achille, comandante dei Mirmidoni e il più forte di tutti i Greci, era figlio di Peleo re della Tessaglia e della Nereide Teti. Ebbe come maestro il centauro Chirone di cui nessuno allora era più sapiente: questo lo istruì alle nobilissime arti e alle virtù belliche. Essendo oltremodo giovane gli fu lecito, per volontà degli dei, scegliere il corso fatale della sua vita: se avere una vita brevissima, ma gloriosa piuttosto che una vita lunga ma ingloriosa. E così scelse per lui la massima gloria nella guerra troiana: nessuno in battaglia era migliore, nessuno più audace, espugnò molte città e mise in fuga molti nemici rispetto agli altri comandanti greci alla fine superò e uccise lo stesso Ettore, di gran lunga il più prestante comandante dei troiani. Successivamente tuttavia per scherno del fato coraggiosamente e fortissimamente morì giovane: lo uccise infatti Paride che passava una vita tra i troiani più leggera e delicata.


Un anno terribile e glorioso
Anno quarto post Hannibalis adventum in Italiam, M. Claudius Marcellus consul, apud Nolam, civitatem Campaniae, contra Carthaginienses bene pugnavit. Hannibal multas civitates Romanorum in Apulia, in Calabria, in Brutiis occupavit. Interim, Philippus, rex Macedoniae, ad ducem Carthaginensium legationem misit, ut promitteret auxilia contra Romanos et auxilia peteret contra Graecos. Romani in Macedoniam M.Valerium Laevinum miserunt et in Sardiniam T. Manlium Torquatum proconsulem. Nam etiam Sardinia Romanos deseruerat. Ita, uno tempore, Romani in quattor regionibus pugnabant; in Italia contra Hannibalem, in Hispaniis contra Hasdrubalem fratrem Hannibalis, in Macedonia contra Philippum, in Sardinia contro Sardos.

Traduzione
Nel quarto anno dopo l'arrivo di Annibale in Italia, il console Claudio Marcello combattè bene presso Nola, città della campania, contro i cartaginesi. Annibale occupò molte città dei romani in puglia, calabria e abruzzo. Intanto, Filippo, re di macedonia, mandò dal comandante dei cartaginesi una legazione, affinchè promettesse truppe contro i romani e ottenesse truppe contro i greci. I romani mandarono in macedonia Levino e il proconsole Torquato in Sardegna. Infatti la sardegna si era allontanata dai romani. Così, in un solo momento, i romani combattevano in quattro regioni. In italia contro Annibale, in spagna contro Asdrubale fratello di Annibale, in Macedonia contro Filippo e in sardegna contro i sardi.


Cimione
Cimon,Miltiadis filius,celeriter ad principatum pervenit.Habebat enim satis eloquentiae,summam liberalitatem,magnam prudentiam cum iuris civilis tum rei militaris,quod cum patre a puero in exercitibus fuebrat versatus.Itaque hic et populum urbanum in sua tenuit potestate et apud exercitum plurimum valuit auctoritate.Primum imperator apud flumen Strymona magnas copias Thraecum fugavit,oppidum Amphipolim constituit.Idem iterum apud Mycalen Cypriorum et Phoenicum ducentarum navium classem devictam cepit,eodemque die pari fortuna in terra usus est;namque hostium navibus captivis,statim ex classe copias suas eduxit barbarorumque maximam vim uno concursu prostravit. Qua victoria magna praeda potitus,cum donum reverteretur,quod iam nonnullae insulae propter acerbitatem imperii defecerant,bene animatas confirmavit,alienatas ad officium redire coegit.Scyrum,quam eo tempore Dolopes incolebant,quod contumacius se gesserant,vacuefecit,sessores veters urbe insulaque eiecit,agros civibus divisit.Thasios opulentia fretos suo ad ventu fregit.His ex manubiis arx Athenarum est ornatu.

Traduzione
Cimone, filgio di Milziade, celermente giunse al potere. Aveva infatti abbastanza di eloquenza, somma liberalità, grande conoscenza sia del diritto civile che della pratica militare, perché da fanciullo si era trovato negli eserciti col padre. E così costui da una parte mantenne la popolazione urbana sotto il suo potere dall’altra valse moltissimo presso l’esercito per autorevolezza. Dapprima comandante mise in fuga grandi truppe di Traci presso il fiume Striamone, fondò la città di Anfiboli e lì vi mandò in colonia dieci migliaia di Ateniesi. Lui stesso di nuovo presso Micale catturò la flotta sconfitta di duecento navi di Ciprioti e Fenici e nello stesso giorno ebbe pari fortuna in terra: infatti catturate le navi dei nemici, subito fece uscire le sue truppe dalla flotta ed atterrò con un solo assalto la grandissima forza dei barbari. In quella vittoria impadronitosi d grande bottino ritornando in patria, poiché già alcune isole per l’asprezza del comando si erano ribellate, rafforzò le bene intenzionate, costrinse le ribelli a ritornare al dovere. Evacuò Sciro, che i Dolopi abitavano in quel tempo, perché si erano comportati troppo superbamente, cacciò dalla città e dall’isola gli antichi abitanti e divise i campi ai concittadini. Sbaragliò col suo arrivo i Tasi fiduciosi nella ricchezza. Da questi bottini la rocca di Atene, che volge a mezzogiorno, fu decorata.


Le Amazzoni
Hircaniae finitima erat gens Amazonum campos circa Thermodonta amnem incolentium.Reginam habebant Thalestrin,omnibus inter Caucasum montem et Phasin amnem imperitantem.Haec,cupidine vivendi Alexandri Magni accensa,finibus regni sui excessit;et, cum procul haud abesset,praemisit aliquos ad regem monendum venisse reginam adeundi eiusque cognoscendi avidam.Protinum data protestate venienti,trecentis feminis comitata processit.Atque,ut primum rex in cospectu fuit,equo ipsa desiluit,duas lanceas dextera regens.Corpus Amazonum vestibus non totum induitur;nam laeva pars ad pectus est nuda,altera contra velatur.Altera papilla intacta servatur ad liberos alendos;aduritur dextera,ut arcus facilius intendant,et tela vibrent.

Traduzione
L’Ircania era confinante (con) il popolo delle Amazzoni, che abitavano le pianure attorno al fiume Termodonte. Avevano come regina Talestri, che comandava a tutti tra il monte Caucaso e il fiume Fasi. Costei, spinta dal desiderio di vedere Alessandro Magno , uscì dai confini del proprio regno e, quando non era molto distante, inviò dei messaggeri ad annunciare che era arrivata una regina per incontrarlo, desiderosa di conoscerlo. Ricevuto subito il permesso di venire, ella si fece avanti accompagnata da trecento donne, dopo aver ordinato alle altre di soprassedere, e, non appena fu al cospetto del re, smontò da cavallo reggendo nella destra due lance. La veste non copre tutto il corpo delle Amazzoni: infatti la parte sinistra è scoperta fino al petto, quindi il resto è coperto da un velo. Uno dei due seni è conservato intatto, : quello destro viene bruciato, per tendere più agevolmente l’arco e scagliare le frecce.


Sempre in continuo agggiornamento...

Fonte delle versioni: studentiville.it; libero.it; latin.it
CAT_IMG Posted: 29/5/2012, 13:51     Parafrasi e Spiegazione "5 Maggio" Alessandro Manzoni - Scuola
Parafrasi "5 Maggio"


Napoleone è morto. Come il suo corpo rimase immobile dopo aver esalato l'ultimo respiro, così immobile rimase il mondo, colpito, stordito dall'annunzio,

ammutolito, pensando all'ultima ora dell'uomo del destino; nè sa quando il passo di un uomo altrettanto grande tornerà a percorrere le stesse orme macchiate di sangue.

Il mio ingegno poetico lo vide solitario vincitore ed in auge, e tacque e così continuò anche quando, con alterne fortune cadde, si risollevò e fu definitivamente sconfitto, non unendo la sua voce a quella di tanti altri poeti:

si innalza ora commossa, non contaminata di elogi servili e di vili insulti, all'improvvisa morte di una figura simile; e dedica alla tomba un canto che forse resterà eterno.

Dall'Italia all'Egitto, dalla Spagna alla Germania le azioni fulminee di quell'uomo senza esitazioni seguivano immediatamente il suo improvviso apparire; agì impetuoso dall'estrema punta dell'Italia fino al Don, dal Mediterraneo all'Atlantico.

Fu vera gloria? Lasciamo ai posteri la difficile sentenza: noi ci inchiniamo umilmente al Sommo Creatore che volle imprimere su di lui un sigillo più forte della sua potenza creatrice.

Egli sperimentò tutto: la tempestosa e trepida gloria di un grandissimo disegno, l'insofferenza di un animo ribelle che deve obbedire ma pensa al potere e poi lo raggiunge e ottiene un premio che sarebbe stato una follia sperare;

provò la gloria tanto più grande dopo il pericolo, la fuga e la vittoria, il potere e l'esilio umiliante; due volte sconfitto, due volte vincitore.

Egli si diede il nome: due epoche storiche tra loro opposte guardarono a lui rispettosamente come aspettando il destino; egli fece silenzio e si sedette tra loro come arbitro.

Nonostante tanta grandezza, improvvisamente scomparve e finì la sua vita in ozio, prigioniero in una piccola isola, bersaglio di immensa invidia e di rispetto profondo, di grande odio e di grande amore.

Come sulla testa del naufrago incombe e grava l'onda su cui poco prima lo sguardo del misero scorreva alto e proteso invano ad avvistare lontani approdi,

così sull'anima di Napoleone scese il peso dei ricordi. Oh, quante volte ha iniziato a scrivere le sue memorie! E quante volte su quelle pagine cadde la sua stanca mano!

Quante volte al tramonto stette con gli occhi bassi e le braccia conserte e lo assalì la malinconia e il ricordo del passato!

E ripensò agli accampamenti militari continuamente spostati, alle trincee, lo scintillare delle armi e l'avanzare della cavalleria, e agli ordini concitati e alla loro rapida esecuzione.

Ah, forse a tanto dolore cadde il suo spirito e si disperò, ma valido venne l'aiuto di Dio, che lo trasportò pietoso in una realtà più serena;

e lo guidò per i floridi sentieri delle speranze verso i campi eterni, lo guidò verso la beatitudine eterna, che supera qualunque desiderio umano, lo guidò verso quel luogo dove la gloria terrena non vale nulla.

Bella, immortale, benefica fede, abituata alle vittorie! Annovera anche questo tuo trionfo, rallegrati; perché nessuna personalità più grande si è mai chinata davanti alla croce di Cristo.

Tu, o fede, allontana dalle stanche spoglie di quest'uomo ogni parola malvagia: il Dio che può tutto, che ci dà i dolori e ci consola si è posato accanto a lui, per consolarlo nel momento della sua morte.


Spiegazione ed Analisi del testo


L'ode il Cinque Maggio fu scritta, di getto, in soli tre o quattro giorni, dal Manzoni commosso dalla conversione cristiana di Napoleone avvenuta prima della sua morte (la notizia della morte di Napoleone si diffuse il 16 luglio 1821 e fu pubblicata nella "Gazzetta di Milano"). Nonostante la censura austriaca, l'ode ebbe una larga diffusione europea grazie al Goethe che la fece pubblicare su una rivista tedesca "Ueber Kunst und Alterthum". La prima edizione avvenne nel 1823 a Torino presso il Marietti. L'ode scritta dal Manzoni, per alcune tematiche (tema del ricordo, evocazione della storia) ha delle analogie con il Coro di Ermengarda e con la Pentecoste e soprattutto ha in comune con essi, quello schema che parte da un inizio drammatico e si conclude con un moto di preghiera.

Metro: ode di diciotto strofe, composte da sei settenari, sdruccioli (1°, 3°, 5) piani (2° e 4°, fra loro rimanti) e tronco l'ultimo che rima con l'ultimo della strofa successivo.
Schema: ABCBDE




Analisi del testo


L'Ode può essere divisa in due parti, la prima che va dal prologo fino alla nona strofa, di tono epico, in cui emerge la figura storica di Napoleone, dall'ascesa alla caduta La seconda dalla decima strofa in poi, di tono più contemplativo e lirico (si entra qui nell'animo dell'imperatore) il cui motivo conducente e la definitiva caduta di Napoleone come uomo e l'inizio del suo riscatto spirituale e religioso.

I Parte

L'ode si apre con un forte inciso "Ei fu" in cui pare sia isolata la grandezza "dell'uom fatale", mentre con attonito stupore la terra accoglie la notizia della morte del potente personaggio che ha tenuto in pugno per tanti anni i destini d'Europa (è da notare il doppio significato della parola terra, vale a dire di metafora del mondo umano da una parte, e dall'altra, come campo di battaglia insanguinato dai soldati che per lunghi anni si sono combattuti).
Nella seconda e terza strofa il Manzoni dà le ragioni del motivo per cui tratta l'argomento e mette in risalto il fatto che egli abbia composto l'ode senza nessun'ombra di piaggeria o di reverenza verso l'imperatore. In questa parte sono importanti il termine "genio" di chiara reminiscenza pariniana, ma dai forti connotati manzoniani e dal diverso significato, e "forse", che conclude la quarta strofa, in cui emerge chiara la visione cristiana e provvidenziale del poeta.
Con la quinta strofa si ha l'esaltazione della potenza di Napoleone che si concluderà nel verso 54. Qui la strofa si anima e con rapidi tratti è descritta l'immagine di condottiero di Napoleone (è da notare l'alternarsi in tutta l'ode di toni descrittivi ed epici a toni più riflessivi) che si contrappone a quella del corpo immemore presente nella prima strofa. Rapidamente però il tono rallenta e diventa nuovamente contemplativo con la domanda "Fu vera gloria?", in cui Manzoni rispondendo vuol mettere in risalto, più che le grandezze terrene del condottiero, la statura morale dell'uomo: con la propria conversione, infatti, Napoleone ha dato un'ulteriore prova della grandezza di Dio che servendosi di lui ha stampato "la più vasta orma sulla terra". Le ultime tre strofe, continuano con la descrizione del raggiungimento del disegno di gloria di Napoleone (settima e ottava strofa) e della sua grandezza umana (nona strofa). Particolare rilievo si deve dare ad alcuni termini in antitesi tra loro che rendono bene l'instabilità del potere e della gloria umana che caratterizzano l'ottava strofa: gloria-periglio; fuga-vittoria; reggia-esiglio; polvere-altar. Con "Ei si nomò" (v.49), cioè con l'enfatizzazione dell'uso antonomastico del pronome si conclude così la prima parte dell'ode.

II Parte

Il motivo conduttore di questa seconda parte dell'ode é il verbo "giacque", che ha il significato della caduta definitiva di Napoleone e l'inizio del suo riscatto spirituale.
Scompare il pronome antonomastico e la figura dell'imperatore viene espressa attraverso una terza persona più comune, "E sparve, e dì nell'ozio", "E ripensò..." La strofa centrale di questa parte è la similitudine espressa nei versi 61-68.Questa è la parte fondamentale in cui avviene il ripudio delle vane glorie terrene e il sollevarsi verso l'eterno. Napoleone è come un naufrago che prima a lungo ha nuotato nel mare tempestoso della vita cercando terre remote, cioè cercando un significato della vita che le desse un senso. Ma questo suo sforzo è risultato vano, poiché solo Dio può rendere concreta la sete d'eternità è d'infinito presente nell'uomo e non le effimere glorie terrene. Anche l'ultima speranza di lasciare ai posteri la memoria di sé risulta vana. "Il cumulo di memorie" invece di lasciare la memoria eterna della propria epopea, diventano per Napoleone, un peso insopportabile, "la stanca man" che cade "sull'eterne pagine" assume il significato dell'estrema sconfitta umana. La figura di questa sconfitta è magistralmente descritta dall'immagine presente
CAT_IMG Posted: 29/5/2012, 13:49     Parafrasi poesia "Se questo è un uomo" di Primo Levi e commento al testo - Scuola
SE QUESTO E' UN UOMO - PRIMO LEVI

Poesia :


Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e i visi amici:

considerate se questo è un uomo,
che lavora nel fango,
che non conosce pace,
che lotta per mezzo pane,
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna
senza capelli e senza nome,
senza più forza di ricordare,
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore,
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca
i vostri nati torcano il viso da voi.





Parafrasi :

Ditemi voi, che vivete al caldo, comodi, nelle vostre belle case, dove nessuno vi minaccia, circondati dall'affetto dei vostri cari e dalle cure dei vostri amici, ditemi voi se vi sembra ancora un uomo colui che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per un pezzo di pane, che muore per la volontà altrui.

Guardate questa donna, senza capelli e senza più un nome, senza la forza né la volontà di ricordare chi è o chi era, con gli occhi vitrei, opachi, che vedono senza vedere, col grembo freddo "come una rana d'inverno" perchè più nessun bambino lo riempirà.
Ditemelo voi se questa è una donna!

No. Noi non siamo più uomini, ma voi avete il dovere di ricordare quello che ci è stato fatto.
Scolpitelo nel vostro cuore e non dimenticatelo mai, in nessun momento della vostra giornata perchè, se a noi abbiamo sofferto ma voi dovete ricordare!

Ma se dimenticherete, che la maledizione di Dio vi colpisca, terribile e inesorabile, che tutto quello che amate venga distrutto e che perfino i vostri figli si rifiutino di guardarvi, perchè voi avrete tradito il dovere sacro di ricordare che questo è accaduto.



Commento alla poesia e cenni sull'autore :

Primo Levi è nato a Torino nel 1919 e dopo essersi laureato è stato catturato dai nazisti nel 1944 e successivamente è stato deportato nel campo di concentramento di Auschwitz. Dopo un lungo viaggio arriva in campo, viene spogliato di tutti i suoi averi, i suoi capelli vengono rasati e per essere riconosciuto i nazisti gli viene tatuano sul suo braccio il numero 174 517. Da quel momento il poeta ha perso ogni suo diritto e viene costretto a lavorare come se fosse uno schiavo, o un animale.
Esprime il suo odio e il suo disprezzo nei confronti di questo fenomeno con una poesia:”Se questo è un uomo”( o anche shemà che significa “ascolta”.)
La sua poesia si può dividere in tre parti.
Nella prima comincia nominando le persone a cui sono dirette le sue parole e cioè a noi che siamo sicuri nelle nostre case tiepide e che una volta tornati a casa troviamo il cibo caldo in tavola e le persone amiche o i familiari.
Ci invita poi a riflettere chiedendo se si può considerare un uomo una persona che lavora nel fango, che non conosce un attimo di tregua, che lotta ogni giorno per un pezzo di pane e la cui vita è sospesa tra un semplice sì o di un semplice No.
Lo stesso paragone lo fa poi per una donna; chiede se così si può considerare una persona senza capelli, senza nome, senza più neanche la forza di ricordare, con gli occhi vuoti, senza espressione e che non più procreare, sia per le condizioni fisiche che per la poca voglia e paragona questa donna ad una rana d’inverno.
Chiede poi di pensare a quello che accaduto e comanda di imprimere queste parole nel cuore e di ripeterle in ogni momento ai figli.
A questo punto, vi è la parte più cruda, in cui Primo Levi lancia una “maledizione”: scrive che se queste parole non fossero state tramandate ai figli, sarebbe crollata la casa, sarebbe arrivata la malattia, e i figli avrebbero storto il viso ogni volta che ci guarderanno.
CAT_IMG Posted: 29/5/2012, 13:47     La Solitudine dei Numeri Primi - Scuola
La storia parla di due persone: Alice Della Rocca e Mattia Balossino, le cui vite vengono sconvolte da vicende accadute nella loro infanzia.

La prima a 7 anni, pur odiando la scuola di sci viene costretta a frequentarla. Così una mattina, si separa dal resto del gruppo e nel tentativo di tornare a valle, cade in un dirupo, rimanendo gravemente ferita. Alice rimarrà zoppa per il resto della vita.
Mattia, invece, è bambino dotato e intelligentissimo al contrario della sua sorella gemella Michela, affetta da autismo. Proprio a causa di questa Mattia è isolata dai suoi compagni e quando finalmente viene invitato ad una festa di compleanno, pur di non portare la sorella, la lascia in un parco pensando di tornarla a prendere più tardi. Ma al suo ritorno Michela è scomparsa, forse annegata nel fiume lì vicino, sebbene le numerose ricerche in seguito non abbiano portato a nulla.

Questi avvenimenti segnano profondamente la vita dei due ragazzi. Il racconto si sposta nella fase adolescenziale dei due: Alice soffre di anoressia ed è snobbata dai ragazzi perché zoppa; Mattia invece è un ragazzo problematico senza interiezioni sociali e tendente all'autolesionismo.

I due si incontrano e tra di loro nasce un'amicizia speciale. Continuano a frequentarsi anche dopo il Liceo, quando Mattia si iscrive a matematica e Alice scopre la passione per la fotografia. In seguito, la madre di Alice si ammala di tumore e la figlia durante una visita in ospedale incontra il dottor Fabio Rovelli. Mattia intanto, conseguita la laura si trasferisce in nord Europa, dove ha ottenuto una cattedra d'insegnamento. Alice cerca di persuaderlo a desistere ma dopo un bacio e un litigio tra i due la rottura sembra definitiva. Fernanda, la madre di Alice, muore e lei si sposa con Fabio; mentre, Mattia vive isolato all'estero.

Il matrimonio tra Fabio e Alice declina lentamente, infatti Fabio vuole un figlio che Alice non puo' dargli dopo che il suo ciclo mestruale si è interrotto a causa dell'anoressia. Ciò porta alla separazione tra i due. Intanto Mattia, dopo una scoperta eccezionale assieme al suo collega Alberto, italiano come lui, decide di andare a festeggiare a casa di questi. E proprio li incontrerà Nadia, con cui trascorrerà una notte di sesso.
Alice decide di chiarire le cose con Fabio, ma in ospedale incontrerà una ragazza identica a Mattia e con il suo stesso sorriso, che ad Alice fa tornare in mente Michela. Alice decide allora di chiamare Mattia per chiedergli di tornare, senza però spiegargli il motivo.

Mattia torna in Italia, pur non sapendo il motivo di ciò e dopo un pomeriggio passato insieme ad Alice i due si scoprono ancora innamorati. Nonostante ciò, i due non riusciranno mai a separare il muro che li divide e ciò li allontanerà di nuovo prima che Alice possa rivelargli di aver visto Michela.



*I due ragazzi sono infatti paragonati a due numeri primi gemelli (numeri primi solitari ed isolati, ma vicinissimi fra loro, poiché la loro differenza è 2): accomunati dalle stesse particolarità, attratti l'uno verso l'altra, non riescono mai ad unirsi, perché divisi da un invalicabile ostacolo.
CAT_IMG Posted: 29/5/2012, 13:45     Giovanni Verga, I Malavoglia - Riassunto per capitoli - Scuola
Ho rielaborato dei riassunti per conto mio e li aggiungo a piano a piano ecco i primi 5:



I MALAVOGLIA
(Giovanni Verga)

RIASSUNTO CAPITOLO 1


In questo capitolo vi è la Presentazione della famiglia dei Malavoglia: contrariamente a quanto dice il cognome, questa è una famiglia di lavoratori, infatti sono dei pescatori che vivono a Trezza. Il membro più anziano che ha il ruolo di capofamiglia è Padron ‘Ntoni. Lui è il più anziano e dirige la casa del nespolo dove sono raccolti tutti i suoi parenti ovvero:
• Bastianazzo (Bastiano) = Figlio
• La Longa (Maruzza) = Moglie di Bastianazzo
• ‘Ntoni (Nipote di padron ‘Ntoni)
• Luca (Nipote di padron ‘Ntoni)
• Mena (chiamata sant’agata) (Nipote di padron ‘Ntoni)
• Alessi (Nipote di padron ‘Ntoni)
• Lia (Nipote di padron ‘Ntoni)
Un giorno ‘Ntoni viene chiamato a militare, questo porta un gran dispiacere alla famiglia poiché ‘Ntoni con bastianazzo era le due persone più giovani e che potevano dare un serio aiuto a padron ‘Ntoni poiché i nipoti erano più piccoli. In mancanza di aiuto padron ‘Ntoni ha dovuto assumere un altro giovane chiamato Menico che era figlio della locca e con Bastianazzo andavano sulla Provvidenza che era la barca di famiglia. Dopo la partenza di ‘Ntoni il nonno decide di aprire un negozio di lupini ed insieme a Menico, Bastianazzo e i lupini partono per portare a Trezza il carico.
PROVERBIO: Scirocco chiaro e tramontana scura, mettiti in mare senza paura. (Padron 'Ntoni).

RIASSUNTO CAPITOLO 2


Piedipapera e padron ‘Ntoni discutono con altri personaggi di Campana di legno: delle persone lo difendono dicendo che è una brava persona ma altri lo attaccano dicendo che è un truffatore e che sfrutta le altre persone. Alcune persone sono estasiate dall’annunciazione di padron ‘Ntoni e Padron Cipolla chiede la nipote Mena in sposa per il figlio Brasi ma solo se il negozio di lupini fosse andato bene. A volte la Zuppidda si intrometteva nei discorsi degli uomini e si vantava dicendo che sapeva tutto quello che succedeva in paese. Discutono anche di Alfio Mosca un signore che possedeva un carretto ed un asino e viene detto che è una persona povera e sola. Anche don Giammaria accusa e dice i difetti di tutte le persone che vede
PROVERBIO: Chi ha il cuore contento sempre canta. (Padron 'Ntoni).

RIASSUNTO CAPITOLO 3


Quando tutti e tre i personaggi partono si sa che la Provvidenza va incontro ad una tempesta e che viene travolta uccidendo: Bastianazzo e Menico facendo anche perdere il carico dei Lupini
PROVERBIO: Chi fa credenza senza pegno, perde l'amico, la roba e l'ingegno. (La Vespa)

RIASSUNTO CAPITOLO 4


Quel che infastidiva lo Zio crocifisso e che il lupini li avevano presi in confidenza e quindi senza nessun pagamento anticipato, questo perche lo zio Crocifisso faceva sempre credenze e si faceva restituire i soldi con gli interessi. Quando vi è il funerale di Bastianazzo lo zio Crocifisso sa che i Malavoglia gli avrebbero restituito tutti soldi che ammontavano a 40 Onze. A casa viene discussa sia la situazione familiare ma anche la difficile situazione economica della famiglia poiché la provvidenza era perduta e non si poteva vendete e la casa del nespolo era in parte alla dote di Maruzza e quindi lo Zio crocifisso doveva aspettare per essere ripagato.
PROVERBIO: Il galantuomo come impoverisce diventa birbante. (Padron 'Ntoni).

RIASSUNTO CAPITOLO 5


La nipote Mena viene a sapere da Aflio Mosca che è stata promessa al figlio di Padron cipolla: Brasi e si domanda come potrebbe fare mai padron ‘Ntoni a mantenere la sua dote. Questa ragazza è bella ed educata e Alfio Mosca si accorge di essersene innamorato. Ad un tratto una voce gira per il paese, la Provvidenza era stata trovata e i Malavoglia hanno una fiammella di speranza poiché facendo aggiustare la barca avrebbero potuto saldare il debito e anche mantenere la dote di Mena. Padron ‘Ntoni manda ad aggiustare la Barca di famiglia e una lettera annuncia il ritorno di ‘Ntoni dalla leva militare.
PROVERBIO: Augura bene al tuo vicino, ché qualche cosa te ne viene. (Zio Crocifisso).



RIASSUNTO CAPITOLO 6


Dopo il ritorno di ‘Ntoni insieme a padron ‘Ntoni si mettono a pescare: ‘Ntoni e Alessi. Lo Zio crocifisso concede altro tempo ai Malavoglia per poter pagare e decide di aspettare fini a natale, ma appena scaduto il tempo i Malavoglia non avevano raggiunto la giusta cifre e lo Zio Crocifisso manda un commesso per sollecitare il pagamento, rivolti ad un avvocato i Malavoglia sanno che non devono pagare perche non è colpa loro se i lupini sono andati a male finendo sott’acqua. Ma padron ‘Ntoni per mantenere la loro fama di galantuomini decide di pagare e vuole far sistemare la provvidenza per poter venderla o sfruttarla per ricevere denaro.
PROVERBIO: Spremete il sasso per cavarne sangue! (Padron 'Ntoni).
CAT_IMG Posted: 29/5/2012, 13:42     Riassunto per Capitoli e Analisi del Testo di "Marcovaldo" di Italo Calvino - Scuola
Marcovaldo, Italo Calvino
RIASSUNTO PER CAPITOLI E ANALISI DEL TESTO

AUTORE


Italo Calvino è uno tra i più grandi scrittori italiani del Novecento.

Nacque a Santiago de Las Vegas (Cuba) nel 1923. La famiglia tornò presto in Italia dove il padre si occupò delle piante esotiche che crescevano nei vivai intorno a San Remo, e creò un giardino molto originale. Allo scoppio della guerra Italo Calvino ritrovava in zona di confine. L’esperienza della guerra non gli impedì di continuare a leggere i suoi libri preferiti (Hemingway, Faulkner..)ma dovette interrompere un’altra abitudine coltivata con passione, andare al cinema.

Dopo la guerra si trasferì a Torino, dove entrò in contato con l’ambiente culturale della casa editrice Einaudi, della quale fu a lungo consulente oltre che autore. Ha vissuto a lungo a Parigi; ha svolto varia attività pubblicistica. E’morto a Siena nel 1985.



MARCOVALDO OVVERO LE STAGIONI IN CITTA’(1963)


E’ un testo che ha avuto un'immensa fortuna perché racconta in modo semplice e piano, le disavventure di un personaggio di animo semplice, padre di famiglia numerosa, che lavora come uomo di fatica o manovale in una ditta. Una specie di”ragionier Fantozzi”senza gli aspetti grotteschi di quello, ma mentre il personaggio cinematografico si confronta con la vita aziendale e i luoghi tipici della vita impiegatizia, Marcovaldo ha come luogo privilegiato della sua esperienza il rapporto tra la città e la natura. Egli si ostina a cercare la natura in una grande città industriale: E0’ attento a ogni variazione atmosferica e coglie minimi segni di vita animale e vegetale, ma ogni volta va incontro ad uno scacco, ad una delusione. La città stravolge la natura, la trasforma in occasione di male per coloro che continuano a sognarla, come una possibile via di scampo alla fatica del vivere.

Nello spazio di venti novelle, in cui il ciclo delle stagioni si ripete per cinque volte, in una città industriale (Torino?), dove tutti sono impegnati a lavorare, guadagnare e spendere, Marcovaldo sembra essere l’unico ad accorgersi della natura, quella vera. Cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, anche se studiati per cogliere l’attenzione, non riescono a colpire il suo sguardo, però una foglia che ingiallisce su un ramo, una piuma che si impiglia ad una tegola non gli sfuggono mai. Ma la natura, in città, sembra essere contraffatta, alterata, compromessa con la vita artificiale, non è la natura che ha forse conosciuto da bambino e che vorrebbe far amare anche ai suoi figli.

In un ambiente a lui così ostile, mantiene una sua coerenza senza lasciarsi corrompere.

Marcovaldo è una creatura “spaesata”, che sembra provenire da un altro pianeta.

Attraverso le avventure di Marcovaldo, Calvino ci mostra, da un particolare punto di vista, l’Italia del boom economico. Se contiene una critica alla <civiltà industriale> è anche una critica all’idea di un possibile” ritorno” all’indietro” nella storia, e rivela pur nella semplicità della struttura narrativa, tutta la ricchezza del rapporto di Calvino con il mondo.



RIASSUNTO


1) I funghi in città (primavera)

Anche in città crescono i funghi. Quello che per Marcovaldo sembra un miracolo, ( sul quale si deve far finta di non soffermarsi per non destare il sospetto di essere “diversi”…per questo M. si china ad allacciarsi le scarpe per depistare eventuali curiosi…), si rivelerà assai spiacevole.

Marcovaldo appare come un uomo che non può condividere con nessuno il proprio desiderio di bellezza. Ha paura che glielo portino via..

Amadigi (l’operatore ecologico già antipatico a Marcovaldo per il suo lavoro di “cancellatore”di tracce naturali ) e Marcovaldo stanno in forte opposizione e in realtà lo slancio generoso di informare altre persone della presenza di funghi è in realtà l’unico modo che ha M. di sottrarre i funghi ad Amadigi.

Alla fine si ritrovano tutti in ospedale; l’avvelenamento si oppone al naturale egoismo della gente costringendola ad una convivenza forzata.


2) La villeggiatura in panchina (estate)

Per Marcovaldo, costretto a passare l’estate in città, anche la frescura notturna su una panchina può andare bene. Scoprirà che non è poi così tranquilla la notte, tra un semaforo che lampeggia, operai che lavorano di notte e il camion della Nettezza Urbana che raccoglie i rifiuti.

…all’alba, con la bocca impastata, stranito, con la schiena dura e un fianco pesto, Marcovaldo correva al suo lavoro.


3) Il piccione comunale (autunno)

Al passaggio di uno stormo di uccelli, Marcovaldo decide di tentarne la cattura con del vischio e dei semi. Domitilla ,la moglie, quella notte sognò anatre già arrosto posate sui comignoli. La figlia Isolina sognava colibrì da adornarsene il cappello..

M. dovrà accontentarsi di un misero piccione comunale, di cui dovrà anche rispondere alla guardia dalla faccia paonazza che indaga sul fatto.

… Quel magro e tiglioso piccione fatto arrosto risultava alquanto indigesto..


4) La città smarrita nella neve (inverno)

In città è caduta la neve. Alla ditta dove lavora, Marcovaldo è incaricato di spalarla dal cortile antistante.(Marcovaldo sentiva la neve come amica, come un elemento che annullava la gabbia di muri in cui era imprigionata la sua vita.. Sigismondo più preoccupato a far calcoli per far bella figura con il caposquadra, gli insegnava ad ammucchiare la neve in un muretto compatto)

Con i mucchi di neve M. crea strade tutte sue; in una città tutta di neve, le case si potrebbero fare e disfare molto facilmente. Trasformato in pupazzo di neve da un carico di tre quintali piombatogli addosso dalle tegole ne uscì gonfio ed intasato dal raffreddore.

… Per una tromba d’aria provocata da uno starnuto di M. tutta la neve fu risucchiata in su e il cortile si ripresentò con le cose di tutti i giorni, spigolose ed ostili


5) La cura della vespe(primavera)

Marcovaldo sperimenta la cura dei reumatismi con la puntura di vespa. Sarà assai difficile per lui e i suoi figli, procurarsi la materia prima, le vespe…Alla fine saranno talmente tante da renderlo gonfio ed irriconoscibile ed incapace di reagire alle imprecazioni che dalle altre brande della corsia gli lanciavano i suoi clienti.


6) Un sabato di sole, sabbia e sonno (estate)

Per fare le sabbiature per i suoi reni, Marcovaldo non trova di meglio che sfruttare la rena su un barcone ormeggiato in prossimità di una cava. Si addormenta e al barcone si sciolgono gli ormeggi. Scivolando lungo il fiume finisce alle rapide e piomba in mezzo ai bagnanti…E Marcovaldo volando era incerto se sarebbe caduto su un materassino di gomma o tra le braccia di una giunonica bagnante, ma di certo neppure una goccia d’acqua l’avrebbe toccato.


7) La pietanziera (autunno)

Per la pausa di mezzogiorno, Marcovaldo si porta il cibo da casa in una pietanziera che la moglie gli prepara la sera prima.Che delusione nel riconoscere quello che si è mangiato la sera avanti!

Il quarto giorno scambiò la sua salsiccia e rape fredda e grassa con fritto di cervella che un bimbo gli porse dal davanzale della camera in cui per castigo era rinchiuso ma al grido di : -Al ladro! Al ladro! abbandonò il pezzo di cervello morsicato,fissò la governante del bimbo con disdegno, raccolse la sua pietanziera un po’ ammaccata e andò al lavoro.


8) Il bosco sull’autostrada (inverno)

Per raccogliere legna, i figli di Marcovaldo vanno in cerca di un bosco. Ma non sanno come è fatto un bosco e finiscono con l’abbattere i cartelloni pubblicitari lungo l’autostrada.


9) L’aria buona (primavera)

I bambini di Marcovaldo hanno bisogno di respirare un po’ d’aria buona, a una certa altezza ,di correre sui prati…

Sulla collina della periferia della città c’è l’aria buona. Da lassù la città appare triste e plumbea. Discorrendo con alcuni degenti del sanatorio che sta sulla collina,M. capisce come per loro la città sia invece desiderata, non potendoci tornare a causa della loro salute.

..Quando sarete in città pensateci qualche volta: il mio bastone vi segue..disse l’uomo grosso movendo la punta del suo bastone verso le luci che si accendevano là in fondo.


10) Un viaggio con le mucche( estate)

Inchiodato anche in tempo di ferie a quel forno di cemento cotto e polveroso, dai debiti, dal peso della famiglia,dal salario scarso, Marcovaldo stava ad occhi chiusi ad ascoltare i rumori della città al rumore del passaggio di una mandria tutta la famiglia uscì a vedere curiosi. Quando l’ultimo branco fu passato M. prese per mano i bambini per tornare a dormire ma Michelino non era più con loro. Era salito all’alpeggio con la mandria.

Marcovaldo immagina il figlio beatamente disteso su un prato a contemplare la mandria. Quando il figlio ritorna, rivelerà che l’esperienza non è stata molto piacevole, sempre a lavorare tutto il tempo; sfruttato e mal pagato perché non in regola.


11) Il coniglio velenoso (autunno)

Marcovaldo trafuga ,in un ospedale, un coniglio contaminato da virus. Vorrebbe ingrassarlo per Natale,o magari fare un allevamento: E’subito ricercato. Ma nel frattempo il coniglio è scappato. Abituato alla gabbia è disorientato. Si aggira sui tetti, prima attratto da chi se lo vuole mangiare, poi

Quando si sparge l’allarme, cacciato o preso a fucilate.

Il coniglio decide di farla finita e si lascia cadere nel vuoto, ma finisce dritto tra le mani di un pompiere. Caricato sull’ambulanza ritrovò in compagnia di Marcovaldo, sua moglie e i suoi figlioli, ricoverati in osservazione per una serie di vaccini.


12) La fermata sbagliata (inverno)

Strana avventura per Marcovaldo, all’uscita da un cinema, si perde bella nebbia. Il vuoto in cui si trova immerso, prolunga nella sua mente le immagini del film, ambientato in India. Si ritroverà stranamente su un aereo diretto proprio a Bombay.


13) Dov’è più azzurro il fiume (primavera)

Tutti gli sforzi di Marcovaldo erano diretti a fornire alla famiglia cibi non passati tra le mani infide di speculatori .cercava un posto dove l’acqua fosse veramente acqua e i pesci davvero pesci.

Che emozione quando ,un giorno che si era smarrito, spostando certi rami, vide uno slargo di fiume di un colore azzurro che sembrava un laghetto di montagna! Nella sua rete le tinche correvano a capofitto. Che delusione per lui scoprire dalle parole di un tipo col berretto da guardia che il fiume era così azzurro per gli scarichi di una fabbrica di vernici. Marcvaldo rovesciò la sporta piena di pesci nel fiume.Qualche tinca, ancora viva, guizzò via tutta contenta.


14) Luna e Gnac (estate)

La scritta pubblicitaria lampeggiante : SPAAC- COGNAC “ di cui si vede solo la parte “GNAC” permette a Marcovaldo e alla sua famiglia di vedere il cielo notturno solo nei venti secondi in cui rimane spenta. Opposte correnti di pensieri attraversano Marcovaldo, la moglie, la figlia Isolina, Pietruccio e Michelino che, affacciati alla finestra della mansarda, aspettano lo spegnersi di GNAC.

Marcovaldo cerca anche di insegnare ai figli la posizione dei corpi celesti.

-“Magari andasse in pezzi”- scoppiò detto una sera al padre ,rivolto alla scritta. Michelino ,fionda alla mano, provvide subito e per alcuni giorni Marcovaldo si godette il cielo stellato. Ma il guasto è presto riparato e la nuova scritta “COGNAC TOMAWAK! ,concorrente della vecchia “SPAAC “, lampeggia ogni due secondi.


15) La pioggia e le foglie (autunno)

Alla ditta in cui lavora, Marcovaldo si prende cura di una piantina posta nell’atrio. Messa in cortile, la pianta traeva ogni giorno profitto dalla pioggia.

Marcovaldo, per non trascurarla , la portava a casa; attraversava la città portando con sé la piantina sulla sua bicicletta, inseguendo nuvole.

Il sabato e la domenica la passò in questo modo. La piantina era talmente cresciuta che sembrava un albero su due ruote. Ma così grande era anche diventata ingombrante nell’ingresso della ditta e forse era meglio restituirla al vivaio in cambio di una più piccola. Marcovaldo ricominciò la corsa per la città senza decidersi ad imboccare la strada del vivaio…

Ormai non pioveva più; la pianta era come sfinita per quell’impetuoso sforzo di crescita e ad una ad una lasciò cadere le sue foglie che ingiallivano senza che Marcovaldo se ne accorgesse. Poi M. ebbe un presentimento; si fermò, si girò; della pianta non restava che uno smilzo stecco.

L’ultima foglia che da gialla diventò color d’arancio,poi rossa violetta azzurra verde poi di nuovo gialla e poi sparì.


16) Marcovaldo al supermarket (inverno)

Alle sei di sera, come per lo scatto di un interruttore, la gente smette di produrre beni di di consumo e si precipita nei supermarket a comperare quegli stessi prodotti. Anche Marcovaldo, con la sua famiglia prova lo stesso impulso, ma essendo perennemente senza soldi, si limita a girare per i reparti del supermarket con il carrello, ma senza prendere nulla. Sarà difficile per lui frenare la tentazione di riempire il carrello. Sogna per almeno un quarto d’ora di poter gustare la gioia di portare in giro i suoi acquisti e poi rimetterli dove li aveva presi.

Ma guai se i bambini lo vedevano. Subito si sarebbero messi ad imitarlo. Purtroppo tutta la famiglia ebbe la stessa idea. Con le provviste saliva e scendeva per le scale rotanti ed ad ogni parte si trovava di fronte a passaggi obbligati con una cassiera di sentinella.

Finirono su un’impalcatura dell’ampliamento del supermarket, all’altezza delle case di sette piani.

Marcovaldo rovesciò il carrello nelle fauci di una gru. Domitilla e i bambini fecero lo stesso. Sotto s’accendevano le scritte luminose che invitavano comprare i prodotti i vendita nel grande supermarket.


17) Fumo,vento e bolle di sapone (primavera).

I figli di Marcovaldo pensano di arricchirsi accaparrandosi i buoni delle reclame dei detersivi che danno il diritto a ritirare campioni gratuiti, rivendendoli. Però l’operazione fallisce. Le cose si complicano; la trasformazione dei buoni in merce va per le lunghe.

Tra gli incaricati delle ditte inoltre non tarda a spargersi la voce dell’esistenza di una concorrenza sleale. Da un momento all’altro il detersivo diventa pericoloso come dinamite e per sbarazzarsene i bambini gettano la polvere nel fiume. Il sapone, sciogliendosi, diventa schiuma che, sotto l’azione del vento, libera bolle di sapone nell’aria, le quali a loro volta si confondono col fumo nero delle ciminiere. Poi le bolle svaniscono e non resta che il fumo nero delle ciminiere.


18) La città tutta per lui. (estate)

Ad agosto la città è vuota, nessuno le vuole più bene,ed è tutta per Marcovaldo. La domenica mattina, in giro, si ritrova in una città diversa, dove può camminare in mezzo alla strada e attraversare col rosso. Prende a seguire una fila di formiche, il volo di un calabrone.

La città sembra impossessata da abitatori fino allora sconosciuti.

Capisce che il piacere non è tanto fare tutte quelle cose insolite, quanto il vedere tutto in un altro modo: le vie come fondovalli, o letti di fiumi in secca, le case come blocchi di montagne scoscese, o pareti di scogliera.

Ma si imbatte in una troupe che gira un servizio giornalistico. A Marcovaldo sembra, per un momento, che la città di tutti i giorni abbia ripreso il posto di quella, per un momento, intravista o forse solamente sognata.


19) Il giardino dei gatti ostinati (autunno)

La città dei gatti vive dentro ala città degli uomini. Una volta le due città coincidevano, uomini e gatti usavano gli stessi luoghi; oggi gli itinerari di gatti sfruttano i passaggi lasciati tra palazzo e palazzo, per obbligo di legge. Marcovaldo è amico di tutti i gatti che incontra. Riesce ad intuire legami, intrighi, rivalità tra loro. Un giorno un suo “amico soriano” lo porta alla scoperta di un grande ristorante. Trascurando gli inviti del gatto che voleva guidarlo verso la cucina, Marcovaldo scopre una peschiera; getta una lenza, cattura un pesce ma il soriano glielo soffia in un baleno..Inseguendoli filo della lenza giunge fino al giardino di una casetta in mezzo alla città, pieno di gatti.

Nella casa vive una vecchietta (..le opinioni su di lei da parte dei vicini ,sono profondamente divise..)assediata dai gatti.. La vecchia marchesa vorrebbe andarsene, ma i gatti spaventano i compratori. L’inverno successivo, i miagolii dei gatti attirano l’attenzione; la vecchietta è morta. La primavera dopo già iniziano i lavori per costruire un palazzo, ma i lavori sono continuamente ostacolai dai gatti.


20) I figli di babbo natale (inverno)

Nel periodo più buono e gentile dell’anno ALLA Sbav l’Ufficio relazioni Pubbliche propone che alle persone di maggior riguardo, le strenne siano recapitate a domicilio da un uomo vestito da Babbo Natale. Il compito viene affidato a Marcovaldo . Egli nel suo giro porta con sé il più piccolo dei suoi figli che è alla ricerca di un bambino povero cui fare regali.

Si recano alla villa di un dirigente dove trovano un bambino pieno di regali, ma annoiato. Il figlio di Marcovaldo pensa che sia un bambino povero e corre dai fratelli per prendere dei regali per lui: un martello. Un tira sassi e una scatola di fiammiferi. Con questi regali il bambino distrugge tutti i giocattoli e incendia la casa, ..con grande sua felicità..!

Nell’apprendere questo Marcovaldo pensa al peggio, ma alla ditta sono entusiasti. Questo tipo di regalo, oltre a far felice per la prima volta il bambino, incrementa i consumi.

Nell’immagine finale, Calvino descrive la città sotto un manto di neve, come un bosco dove il lupo, sullo sfondo nero del bosco attende la sua preda: il leprotto bianco invisibile sulla neve.

Dove finiscono le sue impronte, deve esserci il leprotto. Il lupo fa un balzo, ma morde il vento. Il leprotto è un po’ più in là, non si sa dove.



PERSONAGGI

Protagonista

Marcovaldo è una figura affascinante di uomo semplice, padre di una famiglia numerosa, uomo di fatica o manovale in una ditta “uno degli ultimi eroi alla Charlie Chaplin”.

Particolarmente interessante è il suo atteggiamento in un certo senso titanico contro ogni avversità dell’ambiente artificiale/artificializzato.

“…in mezzo alla città di cemento e asfalto Marcovaldo va in cerca della natura …in cerca di”un altrove”.

Personaggi secondari: La moglie Domitilla e i figli, Amadigi,l’agente Astolfo.il commissario, il signor Viligelmo, l’uomo col berretto da guardia, il dottor Godifredo, la Signora marchesa, Gianfranco, la governante.

Antagonista: città di cemento e asfalto

Oggetto:città/natura


TEMPO

La vicenda è ambientata negli anni del boom economico

Ordine: cronologico

Durata della storia: il ciclo delle stagioni che si ripete per cinque volte

Gli avvenimenti sono descritti secondo una struttura lineare

Ritmo narrativo: I racconti presentano sommari e alcune digressioni (paesaggi, città , fiume…)

Nella narrazione di ognuna delle novelle è presente un certo tipo di dinamica:

Introduzione con presentazione dello scenario e della situazione in cui la storia prende vita ad opera del narratore onnisciente e viene caricata di una certa oggettività.

Un intreccio o meglio una fabula in cui Marcovaldo si muove e vive, ed in cui possiamo conoscere la sua continua meraviglia e voglia di scoprire continuamente il mondo che lo circonda. In questa situazione la narrazione è/o può essere interrotta dagli interventi del narratore onnisciente e del curatore.

A queste due fasi segue una conclusione tracciata (quasi sempre) dalla voce del narratore onnisciente che le conferisce un sentimento tragi-comico.

Dalla introduzione viene presentata una realtà che viene continuamente reinterpretata e rivisitata dallo sguardo di Marcovaldo in una fase virtualmente intermedia alle prime due.

Ed è proprio in coincidenza di questa reinterpretazione della realtà che si hanno degli “effetti sorpresa” , generalmente adombrati nella conclusione


SPAZIO

Spazio reale: L’autore dà importanza alla descrizione dei luoghi. Le digressioni occupano un certo spazio nei racconti.

La vicenda si svolge in una città (Torino ?). I luoghi rappresentano la proiezione tangibile della situazione emotiva del protagonista.


NARRATORE E PUNTI DI VISTA

Ci sono tre voci narranti, di cui due proprie ed un' impropria.

Marcovaldo rappresenta chiaramente un tipo di narrazione interno alla storia: ad esso si alterna la voce di un narratore onnisciente che racconta le varie avventure/disavventure di Marcovaldo.

Questi due tipi di narrazione possono essere definiti propri, in contrapposizione al/agli interventi di un “curatore”.

La voce del curatore è del tutto oggettiva e completamente estranea alla storia narrata; la sua unica preoccupazione è quella di chiarire l’uso di alcuni termini o concetti presenti durante la narrazione.

“Il curatore “ interviene con funzione esplicativa unicamente di chiarimento a carattere fiabesco dei racconti).

La voce del narratore onnisciente e quella di Marcovaldo si alternano vicendevolmente come un modo per integrare quelle carenze che emergono dai soli pensieri e dialoghi di Marcovaldo.


TECNICHE-LINGUA E STILE


Lo stile è comunicativo e veloce, ricco di immagini e di dialoghi che danno l’idea di una presa diretta.


INTERPRETARE

Marcovaldo è un’opera in cui lo scrittore si avvicina a riflettere sulla realtà presente usando un linguaggio facilmente comprensibile.

La riflessione sulla realtà storica e su quella attuale si associa ad un’atmosfera di gioco fiabesco.

L’obiettivo è sempre quello di trovare delle risposte per la difficile condizione dell’uomo contemporaneo, sempre alienato e teso ,con fatica, trovare la completezza, l’integrità.

Ciò che mi piace del personaggio è la sua fantasia, la sua voglia di ricerca di valori e sensazioni che a volte la civiltà tecnologica tendono a “trascurare”.
CAT_IMG Posted: 29/5/2012, 13:39     Riassunto e Commento (Personale) "I tre moschettieri" A. Dumas - Scuola
I TRE MOSCHETTIERI



NOTE BIOGRAFICHE SULL'AUTORE


Questo racconto è stato scritto da Dumas Davy de la Pailleterie Alexandre, più noto come A. Dumas padre; naque a Villers-Cotterets, in Francia, nel 1802: era un romanziere e drammaturgo francese. Aveve idee liberali e repubblicane ma nel 1832 si riconciliò col re Luigi Filippo; soggiornò a lungo in Italia (dal 1860 al 1864), dove fu segretario di Garibaldi durante la spedizione dei Mille (fu anche lo storiografo dell'impresa che narrò ne "Le garibaldiens") ed appoggiò il Risorgimento e l'unità d'Italia sotto il regno dei Savoia. Fra i suoi numerosi romanzi, molti sono tratti da avvenimenti della storia di Francia poi rielaborati con parecchia libertà di fantasia: tra questi ricordiamo "I tre moschettieri" (1844), "Il cavaliere della Casa Rossa" (1846), "Il Conte di Montecristo" (1846), e "La regina Margot" (1845). Fra le opere teatrali, scrisse "Enrico III e la sua Corte" (1829), "Riccardo Darlington"; "Carlo VII", "Napoleone", "Kean", ecc… Inoltre scrisse vari racconti di viaggi, memorie, e conversazioni; in totale scrisse più di cento libri, ma non da solo: infatti Dumas pensò bene di circondarsi di collaboratori, a cui affidava, dopo aver immaginato la trama del suo racconto, il compito di scriverne i singoli capitoli.


RIASSUNTO DELLA TRAMA

D’Artagnan, il protagonista di questo racconto, era un ragazzo abbastanza giovane, discendente di una nobile famiglia caduta in miseria. Un giorno, lasciò il castello di suo padre in Guascogna, per andare a Parigi ed arruolarsi nel corpo dei moschettieri del re; portò con se una lettera di presentazione per il signor De Tréville, capitano dei moschettieri, ma alle porte di Parigi venne assalito in una locanda dai servi di un misterioso cavaliere che lo aveva deriso per il suo umile aspetto. Quando rinvenne dall’aggressione, D’Artagnan entrò in città e si presentò al signor De Tréville, ma dalla finestra del suo ufficio, vide un uomo che gli aveva rubato una lettera, ed uscì di corsa per inseguirlo; ma uscendo si scontrò con uno dei moschettieri: Athos, che lo sfidò in un duello dietro il convento delle carmelitane; D’Artagnan accettò, e proseguendo la sua corsa, si scontrò contro un altro moschettiere: Porthos, ed anch’egli lo sfidò in un duello dietro il convento delle carmelitane; più avanti incontrò il terzo moschettiere: Aramis, e venne sfidato in duello anche da lui, perché D’Artagnan, pur involontariamente, lo aveva messo in imbarazzo di fronte ad alcuni signori. Intanto il ragazzo aveva perso le speranze di riuscire a prendere l’uomo che stava inseguendo, ma pensò invece di tornare da De Tréville.

Più tardi, si ricordò dell’appuntamento che aveva preso con i moschettieri dietro il convento delle carmelitane. Così iniziò il duello contro Athos, ma entrambi vennero bloccati dalle guardie del cardinale, che chiesero loro di seguirli; essi si rifiutarono, quindi li costrinsero con le armi. Infine le guardie vennero sconfitte.

Più tardi, D’Artagnan invitò i moschettieri nel suo appartamento, quando si accorse di essere spiato, dunque aprì la porta, e vide il signor Bonacieux, il padrone di casa. Si scusò, e si difese dicendo che doveva parlargli di una cosa molto importante: sua moglie era stata rapita. Lei era la guardarobiera della regina, ed era a conoscenza di parecchi segreti, che, secondo D’Artagnan, potevano interessare solamente una persona: Richelieu. Così, tornò dentro la sua stanza, e ne parlò con i suoi compagni, e più tardi, sentì un grido. Scese al piano di sotto, e trovò la moglie di Bonacieux seduta su una sedia. Le chiese come avesse fatto a fuggire, e lei gli rispose che aveva approfittato di una distrazione del suo carceriere, e gli disse che ora era stato rapito suo marito.

Intanto alla reggia, il cardinale Richelieu, stava parlando con una sua collaboratrice: Milady, una donna molto bella, ma allo stesso tempo astuta e spregevole, la quale lo informò del fatto che la regina si era incontrata con il duca di Buckingham, un uomo inglese molto nobile, e gli avesse donato due puntali di diamanti della sua collana, come pegno della sua amicizia. Così, il cardinale, che odiava profondamente la regina, chiese al re di organizzare un gran ballo, in occasione dell’arrivo a corte dell’ambasciatore d’Austria, in cui la regina avrebbe potuto sfoggiare i puntali di diamanti che gli aveva regalato. Il re pensò che fosse una buona idea.

Richelieu, sapeva che la collana della regina era formata da dodici puntali di diamante, e che due erano in possesso del duca di Buckingam, così incaricò Milady di rubare al duca i due puntali, cosicché la regina non potesse più riaverli in tempo per il gran ballo ed avrebbe dovuto confessare al re di aver regalato al duca due puntali della sua collana.

Intanto, Bonacieux era stato liberato, ed aveva deciso di collaborare con il cardinale, mentre la regina aveva incaricato Costanza, sua moglie, di dire a D’Artagnan di andare in Inghilterra per richiedere indietro, al duca di Buckingam, i due puntali, e riportarli a Parigi in tempo per il gran ballo.

D’Artagnan accettò la missione e partì con i moschettieri; però, durante il tragitto verso Londra, incontrarono diversi nemici, ed i moschettieri rimasero impegnati a tenerli a bada, dunque il cadetto, fu costretto a portare a termine la missione, da solo. Riuscì ad incontrare il duca, che però non era più in possesso dei due puntali, in quanto gli erano stati rubati da Milady, durante un ballo con lui. Così D’Artagnan tornò in Francia deluso, ma Costanza ebbe un idea: chiesero al miglior gioielliere di Parigi di fare due puntali uguali a quelli della corona della regina, ed in breve tempo, due nuovi puntali vennero consegnati alla regina in tempo per il gran ballo.

Così, l’onore della regina fu salvo, mentre Richelieu ingoiò l’amaro boccone della sconfitta.

Intanto, pochi giorni dopo, Costanza fu rapita nuovamente da Milady ed i suoi aiutanti, così, D’Artagnan cercò i moschettieri che erano restati a tener bada ai nemici durante la prima missione, e dopo averli ritrovati, tornò a Parigi, dove De Tréville gli consegnò una lettera di Costanza, dove diceva che era trovata e fatta liberare dalla regina, e diede un nuovo incarico a D’Artagnan ed ai moschettieri: quello andare ad aiutare le guardie di Richelieu, durante l’assedio a La Rochelle, ultimo possesso degli Inglesi i Francia.

Mentre le guardie stavano intorno alla fortezza, D’Artagnan ed i suoi compagni si avvicinarono durante la notte all’accampamento inglese, ma vennero aggrediti dalle guardie del cardinale. Dopo aver combattuto, le sconfissero, e nella tasca di una guardia, Athos trovò una lettera di Milady, dove li ordinava di uccidere D’Artagnan. Proseguirono per la loro strada, ed incontrarono il cardinale, circondato da una grande scorta.

Giunsero insieme in una locanda, dove Richelieu era atteso da Milady; i moschettieri riuscirono ad ascoltare il loro discorso. Il cardinale diede una lettera alla donna, dove scrisse che il portatore di essa agiva per il bene della Francia; quando egli uscì dalla stanza, Athos entrò dalla finestra e riconobbe sua moglie: Milady, e la costrinse a consegnargli la lettera.

Intanto, il cardinale aveva mandato Milady in Inghilterra, per assassinare il duca, che sarebbe arrivato in Francia per portare delle scorte alle truppe inglesi che erano assediate. D’Artagnan non poteva permetterlo, così mandò il suo servo a consegnare una lettera al duca di Buckingam, chiedendogli di stare in guardia. Allora, egli, fece cercare Milady, che si trovava a Londra, e la fece arrestare. Ma lei con la sua astuzia, era riuscita a far innamorare di se il suo carceriere, e gli chiese di portare a termine la sua missione. Così il duca fu assassinato, e a Milady, non rimaneva che portare a termine la sua ultima missione: cercare Costanza ed ucciderla, per vendicarsi.

Dunque D’Artagnan, che aveva compreso suo piano, tornò dalla figlia di Bonacieux, che era nascosta in un convento, ma arrivò troppo tardi, perché Milady l’aveva già trovata, e con un inganno, la aveva avvelenata.

D’Artagnan era disperato, perché la amava tanto, e decise di cercare da donna che la aveva ucciso Costanza, per vendicarsi. Riuscì a trovarla, e, dopo aver fatto un processo, la consegnarono alle mani di un carnefice, a cui era già riuscita a sfuggire, ma questa volta venne sconfitta ed uccisa. Intanto D’Artagnan era stato chiamato al cospetto del cardinale, che lo rimproverò per aver fatto giustizia da solo, e lui gli mostrò la lettera che Athos aveva sottratto a Milady, in cui lo stesso Richelieu aveva scritto che il portatore di quel documento agiva per il bene della Francia.

Così, D’Artagnan ed i moschettieri avevano vinto la loro battaglia, e potevano festeggiare insieme.





ANALISI DEI PERSONAGGI PRINCIPALI


D’Artagnan: D’Artagnan era un ragazzo abbastanza giovane, e non apparteneva al gruppo dei moschettieri, ma era solo un cadetto. Era comunque molto agile, coraggioso, intelligente e pieno di grinta. Era anche molto abile con la spada, e soprattutto molto furbo.


I tre moschettieri: I tre moschettieri erano tre signori, non molto simpatici, ma come D’Artagnan, abili con la spada, furbi, e pronti a tutto per difendere il re, la regina, e la loro patria.


Richelieu: Era un cardinale molto ricco ed era in possesso di un esercito formato da migliaia di guardie: e questo faceva di lui l’uomo più potente di Francia. Era una persona molto spregevole, ed aveva lo sguardo pungente, in grado di mettere in soggezione anche il re.


Milady: Era una collaboratrice del cardinale Richelieu: una donna pallida e bionda, con i capelli arricciati, gli occhi azzurri e le labbra rosse. Aveva la dote di cadere in tremende collere, e di diventare fredda di colpo, poi sapeva modulare la voce armoniosa, simile a quella delle fate, riuscendo ad incantare chiunque.


Costanza: Era la figlia del signor Bonacieux, una ragazza molto alta, bella e gentile e si era innamorata di D’Artagnan. Era amica della regina, e la aiutava quando era in difficoltà con il cardinale. Più volte, questi, tentò di corromperla, ma lei era impassibile, ed era troppo buona per bramare contro la regina.

COMMENTO PERSONALE:
Questo libro non mi ha appassionato più di tanto, è comunque un classico, che spesso viene fatto leggere e riassumere a scuola, direi che ci sono molti dialoghi, in quanto pagavano dumas per ogni riga che faceva, è per questo l'abbondanza di essi. I colpi di scena sono ben messi, dai, è fatto bene ed alle persone a cui piace il genere non può che deliziare.
CAT_IMG Posted: 29/5/2012, 13:37     Scheda e Commento al Libro "Il sentiero dei nidi di ragno" di Italo Calvino - Scuola
IL SENTIERO DEI NIDI DI RAGNO - ITALO CALVINO



PERSONAGGI

-Pin : simpatico , irruente e volgare , ecco il protagonista della vicenda . Pin è un monello cresciuto nei vicoli miserabili di una città di mare , spregiudicato e maligno quando frequenta il mondo violento e crudele degli adulti , ma sostanzialmente solo e bisognoso di protezione e di affetto. Infatti Pin non ha amici della sua età perchè , apparentemente , è diventato grande troppo in fretta . Si trova bene con gli adulti del bar del suo paese quando loro gli chiedono di scherzare e raccontare qualche barzelletta o di cantare , arte in cui Pin è un maestro . Ma quando gli adulti si occupano dei loro problemi , dei loro desideri , delle loro paure , Pin comprende che quello non è il suo mondo , perciò si rifugia in un luogo favoloso vicino al torrente , un sentiero in cui i ragni fanno il loro nido . Questo fantastico mondo è conosciuto solamente da lui , ma Pin vorrebbe mostrarlo a qualcuno che sia un vero amico.

-Sorella di Pin : è definita come "La Nera del Carrugio Lungo" ed è la prostituta del paese. Lei è disponibile a fare questo mestiere per guadagnarsi da vivere e poter condurre un'esistenza lontana da quella misera degli altri paesani . Così facendo è considerata però , persino da Pin , che è solo un bambino , una traditrice e viene da lui disprezzata . Invece , e di questo Pin non comprende il perchè , è molto ricercata dai fascisti e dai partigiani che , a causa della guerra , vanno solo raramente con le donne.

-Mancino : è l'anziano cuoco del distaccamento , marito di Giglia , possessore di un falchetto di nome Babeuf.

-Cugino : è un partigiano ingenuo e buono , molto grosso fisicamente ma altrettanto grande di cuore . Infatti , quando incontra Pin nel bosco , decide di condurlo con sè e non lasciarlo solo. Cugino è , come si scopre in conclusione , il vero amico tanto desiderato da Pin :è interessato , al contrario di tutti gli altri ai nidi di ragno , mentre non è attratto dalla sorella di Pin ed inoltre sa farsi apprezzare dal ragazzino.

-Dritto : è il comandante del distaccamento , molto apprezzato dai suoi uomini ; è un giovane magro , con uno strano movimento delle narici , assai malato . Comunque continua a prendere parte alle missioni dirigendo altri partigini con ordini precisi . Egli è l'unico che sospetta che il loro distaccamento è considerato il peggiore e innaffidabile e questo aspetto emerge dai discorsi del commissario Kim.

PAESAGGIO

Il paeaggio è quello di un paese di mare , all'inizio della vicenda , e successivamente quello delle montagne e dei boschi liguri.Il paesaggio reale è descritto in alcuni tratti in modo volutamente crudo e privo di abbellimenti , così come appare agli occhi di Pin e ciò che il ragazzino vede ricalca in modo autobiografico i ricordi che Calvino ha del Sanremese dove , ancora giovane , aveva preso parte al movimento di Resistenza.Ciò nonostante , in altri tratti , il paesaggio rivela diversi particolari che attirano l'attenzione di Pin ; il ragazzino incontra numerosi posti dove potrebbe fare bellissimi giochi , passeggiate e corse.

RESISTENZA

Attraverso gli occhi di Pin la vita Partigiani sui monti e nei boschi , pieni di ostacoli ed agguati e segnata da nuove esperienze , si spoglia della retorica , che è comune rinvenire in molta narrativa resistenziale , per diventare avventura fiabesca , sospesa tra realtà e immaginazione. Infatti Calvino afferma nella prefazione del libro : "Inventai una storia che restasse in margine alla guerra partigiana , ai suoi eroismi e sacrifici , ma allo stesso tempo ne rendesse il colore , l'aspro sapore , il ritmo."Ed ecco allora che l'autore non celebra il coraggio di alcuni e la violenza di altri , ma inserisce numerosi elementi dialettali , come la trascrizione di canzoni , le voci gergali , le parolacce che illustrano la vita a quei tempi.

LINGUAGGIO E STILE

Il linguaggio è semplice a tratti gergale e la narrazione risulta veloce anche se intervallata da molti dialoghi . Il testo è facilmente comprensibile e molto appassionante , adatto a chi ama una lettura distensiva , ma allo stesso impegnata su alcuni importanti temi di ordine storico-politico.

COMMENTO AL TESTO

Il romanzo è un caposaldo della letteratura neorealista che come scrive Calvino: “…non fu una scuola. Fu un insieme di voci, in gran parte periferiche, una molteplice scoperta delle diverse Italie, anche – o specialmente – delle Italie fino allora più inedite alla letteratura…Ci eravamo fatta una linea, ossia una specie di triangolo: I Malavoglia, Conversazione in Sicilia, Paesi tuoi, da cui partire ognuno sulla base del proprio lessico locale e del proprio paesaggio…”. L’autore non poteva sapere allora l’esito fortunato delle fatiche letterarie di coloro che seguirono queste poche direttive. Sapeva però che il suo romanzo doveva essere in continua tensione, sapeva che grande importanza avrebbe dovuto dare allo stile, alla lingua, alla tensione narrativa, al ritmo, sapeva che il vivo realismo che doveva trasparire doveva essere lontano dal naturalismo. Nasce in questo modo il romanzo che diventa uno dei più importanti della letteratura della Resistenza, “…la Resistenza; come entra questo libro nella «letteratura della Resistenza»? Al tempo in cui l'ho scritto, creare una « letteratura della Resistenza » era ancora un problema aperto, scrivere « il romanzo della Resistenza » si poneva come un imperativo; a due mesi appena dalla Liberazione nelle vetrine dei librai c'era già Uomini e no di Vittormi, con dentro la nostra primordiale dialettica di morte e di felicità; i « gap » di Milano avevano avuto subito il loro romanzo, tutto rapidi scatti sulla mappa concentrica della città; noi che eravamo stati partigiani di montagna avremmo voluto avere il nostro, di romanzo, con il nostro diverso ritmo, il nostro diverso andirivieni...”. Poche idee ma chiare: un romanzo che raccontasse con vivo realismo la Resistenza dell’autore e dei suoi compagni partigiani liguri.
Il romanzo è dedicato A Kim, e a tutti gli altri, con evidente riferimento ai compagni e amici partigiani con i quali aveva condiviso la sua esperienza di lotta contro gli oppressori. Nel giovane Calvino appena ventitreenne era ancora vivo il ricordo di quei giorni passati sulle montagne, delle attese interminabili, dei combattimenti, ma soprattutto dell’amicizia con i compagni che nasceva dalla condivisione di un’unica grande idea: combattere per tornare a essere quello che si era prima della guerra. Nel romanzo Kim è un commissario e a lui nel nono capitolo è affidato un lungo discorso ideologico sulla guerra e il suo personaggio è ispirato a un amico dell’autore, a lui coetaneo che dopo la guerra intraprese la carriera di medico. Con lui Calvino era solito passare serate intere a discutere, e l’argomentare freddo e analitico, qualcosa delle loro discussioni sono confluite in Kim. La dedica a Kim è quindi un saluto al suo amico, un modo per sottolineare l’importanza ideologica del suo personaggio, forse perché in Kim vivono gli stessi intimi pensieri del giovane Calvino.
Il titolo sembra abbastanza strano e particolare per un romanzo sulla resistenza e al contrario contribuisce a dare un tono favoleggiante alla storia. Il sentiero dei nidi di ragno è un luogo simbolico: i ragni non fanno i nidi, nessuno vede le tane dei ragni, ma Pin conosce proprio il posto dove questa magia si compie, ed è un luogo segreto, inviolabile della cui conoscenza nessuno è degno abbastanza. Questo è il posto che per Pin incarna la sua necessità di vivere la fanciullezza, il luogo segreto dove il bambino può sentirsi al sicuro il luogo magico e incorrotto dove nascondere la pistola “magica”, il luogo dove Pin riesce ad essere a tutti gli effetti bambino. Ma la guerra porta la distruzione anche in questo paradiso perduto che il giovane partigiano disertore Pelle distrugge nella foga di trovare la P38: è la realtà, la guerra che impedisce a Pin di essere un bambino e che sconvolge le leggi della vita. Per fortuna ci sarà Cugino che ritroverà Pin proprio in questo luogo, e dandogli l’affetto che ha sempre cercato lo saprà consolare, e gli darà la speranza di rivedere un giorno il suo posto segreto bello e incorrotto come era prima, la speranza cioè di poter ritornare a vivere la sua vita di bambino.
499 replies since 27/12/2008